Vangelo
1 In quei giorni comparve Giovanni il Battista a predicare nel deserto della Giudea: 2 “Convertitevi, perché il Regno dei Cieli è vicino”. 3 Giovanni è colui che fu annunziato dal profeta Isaia quando disse: “Questa è la voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!” 4 Giovanni portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano locuste e miele selvatico. 5 Allora accorrevano a Giovanni da Gerusalemme, da tutta la Giudea e dalla zona adiacente il Giordano. 6 Confessando i loro peccati, si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano. 7 Vedendo però molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: “Razza di vipere! Chi vi ha suggerito di sottrarvi all’ira imminente? 8 Fate dunque frutti degni di conversione. 9 Non crediate di poter dire fra voi: ‘Abbiamo Abramo per padre’. Vi dico che Dio può far sorgere figli di Abramo da queste pietre. 10 Già la scure è posta alla radice degli alberi: ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco. 11 Io vi battezzo con acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più potente di me e io non son degno neanche di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito santo e fuoco. 12 Egli ha in mano il ventilabro, pulirà la sua aia e raccoglierà il suo grano nel granaio, ma brucerà la pula con un fuoco inestinguibile” (Mt 3, 1-12).
Tempo di una nuova conversione
Inveendo contro l’ipocrisia dei farisei e sadducei, San Giovanni ci pone nella prospettiva del Giudizio Finale, dal quale nessuno potrà sfuggire. In quel giorno, a nulla varranno le esteriorità se non avremo prodotto frutti che provino la nostra conversione.
I – Avvento, tempo per una revisione…
Quando una nave esce dal cantiere per la prima volta, è costume che si realizzi una cerimonia nella quale la nuova imbarcazione riceve il nome e, come epilogo dell’atto, una bottiglia di champagne viene rotta in modo spettacolare sullo scafo, facendo scorrere lì tutto il suo prezioso liquido. Secondo un’antica credenza, quanto migliore è la qualità dello champagne, maggiore sarà la probabilità che la nave solchi i mari in sicurezza. Dopo questo, con i fianchi appena verniciati, lisci e completamente puliti, l’imbarcazione è messa in acqua e comincia a navigare per gli oceani. Con il passare degli anni la velocità della nave diminuisce, non per una perdita di forza del motore, ma perché sullo scafo si incrostano molluschi in grande quantità che rendono difficile la navigazione. Per recuperare la rapidità iniziale è necessario ritornare al cantiere e rimuovere questa crosta. Anche le automobili quando sono nuove funzionano bene, e dopo un certo tempo d’uso è necessario sottoporle a una revisione, al fine di garantire il buon funzionamento del loro meccanismo.
Quanto alla salute, la nostra situazione è simile. Periodicamente dobbiamo sottoporci a un checkup medico o andare dal dentista per verificare se tutto è in ordine. Ma, soprattutto, abbiamo bisogno di fare una revisione… dell’anima. Dobbiamo analizzare con frequenza la nostra vita spirituale, perché, sebbene siamo battezzati, riceviamo i Sacramenti con assiduità e pratichiamo con serietà la Religione, è frequente incorrere in circostanze che ci inducono a commettere certe imperfezioni o ad attaccarci alle vanità di questo mondo, e acquistiamo manie e cattive abitudini.
Molte volte crediamo che ciascuno esista per sé, indipendente da Dio e senza relazione con gli altri, e che nessuno veda i nostri pensieri e azioni nascoste. Invece, è soltanto una questione di tempo affinché tutto diventi pubblico. La nostra situazione è simile a quella di una persona che, possedendo un documento con un importante segreto, lo ponga in una busta dentro un caveau di una banca. E di notte, però, riceva la visita di un Angelo, inviato da Dio, con l’ordine di comunicare quel testo segreto all’umanità intera… Così sarà il Giudizio Universale: tutti i nostri pensieri, desideri, macchinazioni, tutto quello che avremo fatto di buono e di catti vo sarà noto a tutti gli uomini, beati o condannati, senza eccezione da parte di nessuno, inclusi gli Angeli e i demoni, come ci insegna la dottrina cattolica.1 È per questo che, nella sua straordinaria sapienza, la Chiesa distribuisce la Liturgia nel corso dell’anno in maniera da offrirci, in determinati momenti, l’opportunità di fare la nostra revisione spirituale. Uno di questi periodi è l’Avvento, tempo di conversione, ossia, tempo di esame di coscienza, di penitenza e di cambiamento di vita. La predicazione di San Giovanni Battista, raccolta da San Matteo nel Vangelo di oggi, ci offre preziosi spunti per questo.
II – “Convertitevi…”!
1 In quei giorni comparve Giovanni il Battista a predicare nel deserto della Giudea:
Possiamo delineare meglio lo scenario dell’attività del Precursore rifacendoci alla narrazione di San Luca, il quale registra che Giovanni “percorreva tutta la regione del Giordano” (Lc 3, 3). A causa della prossimità del fiume, ai cui margini cresce abbondante vegetazione, questo luogo corrisponde a una parte meno selvaggia dell’inospitale ed estesa zona circonvicina del Mar Morto, nota col nome di deserto della Giudea. Infatti, San Giovanni aveva vissuto gli anni precedenti alla sua missione pubblica nei paraggi solitari situati più a nord di questa pianura, dove anche, più tardi, Nostro Signore avrebbe trascorso i quaranta giorni di digiuno, dopo essere stato battezzato.2
Ascoltiamo le parole che Giovanni Battista proferiva, cercando di applicarle alla nostra situazione personale.
La falsa speranza del mondo
2 “Convertitevi, perché il Regno dei Cieli è vicino”.
Nel Battesimo, tutti riceviamo una semente del Regno di Dio, che dobbiamo far crescere in noi con la pratica della Religione, mentre aspettiamo il momento di possederlo in pienezza, nell’eternità. Tuttavia, nel mondo moderno questa speranza della vita eterna è sostituita da un’altra speranza, il cui oggetto non è Dio: è la tecnica, sono le invenzioni e le scoperte scientifiche, che rendono l’esistenza umana più gradevole e la prolungano in modo considerevole. Si giunge persino a considerare l’idea che la scienza farà anche sorgere l’elisir le cui proprietà renderanno immortali gli uomini. Ora, la tecnologia e la medicina possono, in verità, aumentare il numero dei nostri giorni, ma non renderli eterni. Arriverà l’ora in cui esse non gioveranno più e lasceremo questo mondo. Qui termina la speranza mondana, come insegna il libro della Sapienza: “È come pula portata dal vento, come schiuma leggera sospinta dalla tempesta, come fumo dal vento è disperso, si dilegua come il ricordo dell’ospite di un sol giorno” (5, 14). In questo senso, l’ammonimento del Precursore è molto chiaro e attuale per noi: si tratta di far penitenza per queste deviazioni, poiché il Regno dei Cieli non è di chi pone la sua sicurezza nel progresso, nella macchina o nel conforto materiale, ma di chi confida in Dio e ripone la sua speranza nell’eternità.
Il rischio di rendersi sordo a Dio
3 Giovanni è colui che fu annunziato dal profeta Isaia quando disse: “Questa è la voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!”
Applicato dai quattro Evangelisti alla persona di San Giovanni Battista, questo passo di Isaia possiede un profondo simbolismo che ci ricorda quanto opportuno sia per noi il messaggio del Precursore. Richiama l’attenzione il fatto che il profeta ambienti la missione di Giovanni “nel deserto”. Dobbiamo interpretare questa menzione in un senso più metaforico che propriamente fisico: Giovanni gridava ed era udito da coloro che stavano “nel deserto”, ossia, nell’intero disinteresse per tutto quello che non conduce a Dio. Quando uno, al contrario, sta nel tumulto della “città”, aggrappato a quello che in essa esiste: la vanità, le macchine, le relazioni umane che allontanano dalla virtù, ecc., diventa sordo alla voce che lo invita alla conversione. A prima vista, molte di queste cose possono sembrare legittime. Tuttavia, chi si attacca a ciò che è lecito dimenticandosi di Dio, presto sarà attaccato anche a quello che lecito non è. Nel nostro caso concreto, quanti affetti disordinati ci impediscono di ascoltare il grido di San Giovanni, rivolto a noi in ogni istante, sia con mozioni interiori della grazia nella nostra anima, sia con l’azione di altri?
Esortazione all’integrità di vita
Quando la persona si attacca a qualcosa di illegittimo, immediatamente inventa una dottrina per giustificare questo cattivo cammino che ha seguito. Infatti l’uomo è un monolite di logica per quanto riguarda la coerenza della sua condotta col suo pensiero, come esprime la frase lapidaria di Paul Bourget, raccolta dal Prof. Plinio Corrêa de Oliveira nella sua celebre opera Rivoluzione e ControRivoluzione: “Bisogna vivere come si pensa, altrimenti, prima o poi, si finisce per pensare come si è vissuto”.3 Nel caso la persona non voglia emendarsi – ossia, “raddrizzare i suoi sentieri” –, finirà, di fatto, con il pensare secondo il modo in cui vive. Di conseguenza, è indispensabile che sradichiamo le razionalizzazioni dalla nostra anima, per camminare con rettitudine nelle vie di Dio.
Giovanni Battista non solo esortava all’integrità, ma anche ne dava esempio con la sua vita, modello di completa coerenza, e con i suoi costumi, interamente estranei alle persone comuni, come descrive San Matteo nel versetto seguente.
4 Giovanni portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano locuste e miele selvatico.
A quell’epoca – come, del resto, anche nella nostra – i vestiti non erano fatti di pelo di cammello, poiché è un materiale ruvido e aggressivo al tatto. L’abito di San Giovanni, pertanto, doveva causare stupore. Oltretutto, portava un cinturone di cuoio intorno alla vita, per mostrare che era vergine e praticava la castità. Quanto alla sua alimentazione, consisteva in cavallette e miele selvatico, elemento che ci permette di immaginare il tenore della sua penitenza. Impediti dal riflesso di ripugnanza, molti di noi non sopporteremmo di mangiarne nemmeno uno di questi insetti, se ve ne fossimo obbligati.
San Giovanni straccia il velo delle false apparenze
5 Allora accorrevano a Giovanni da Gerusalemme, da tutta la Giudea e dalla zona adiacente il Giordano. 6 Confessando i loro peccati, si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano.
Che cosa ha dato origine a questa animazione popolare intorno al Precursore, al punto che giungevano israeliti da tutte le parti della Palestina per stare con lui? Tra le altre ragioni, l’accertamento di che egli diceva la verità. E quelli che accoglievano le sue parole con buona disposizione decidevano di cominciare una nuova vita. Per fare questo passo, confessavano i loro peccati e ricevevano il “Battesimo di pentimento” (Lc 3, 3), il quale non era il Sacramento istituito in seguito da Nostro Signore, ma un rito simbolico, una specie di sacramentale che, mediante la penitenza, preparava le anime a ricevere il Salvatore.4 Era così che Giovanni riconduceva molti “ribelli alla saggezza dei giusti” (Lc 1, 17).
Tuttavia, vicino a quelli che si convertivano ce n’erano alcuni che non volevano ascoltare…
7a Vedendo però molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: “Razza di vipere!…”
I farisei e i sadducei, la cui influenza dominava tutto il panorama socio-politico giudaico dell’epoca, stavano sempre molto attenti a qualsiasi variazione nell’opinione pubblica, poiché non era per loro conveniente perdere l’appoggio delle basi della società. L’entusiasmo per la figura del Precursore suscitato nelle moltitudini che affluivano per ascoltarlo, faceva temere ai membri dell’uno e dell’altro partito una minaccia al loro potere. Volendo causare l’impressione di aver aderito anche loro all’ondata di fervore religioso, decisero di andare incontro a Giovanni. Nonostante ciò, siccome essi si giudicavano perfetti al punto da non avere peccato alcuno, la loro intenzione non era quella di confessare le loro colpe, ma soltanto di ricevere il Battesimo come un timbro che li giustificasse agli occhi dell’opinione pubblica.
Quando il profeta li ha visti, “ha compreso che essi non venivano con disposizione sincera, ma finta e dissimulata, cosa che era molto conforme al loro modo di essere”.5 Per questo non ha esitato a rimproverarli: “Razza di vipere!”.6 E non dobbiamo immaginare che San Giovanni abbia detto questo a bassa voce o in modo poco espressivo. Certamente possedeva una voce possente che, per così dire, colpiva la spina dorsale degli ascoltatori come se Dio stesso parlasse loro. In verità, Giovanni, “pieno dello Spirito Santo” (Lc 1, 15), rappresentava Dio e trasmetteva la sua volontà.
Ora, il serpente è stato l’animale utilizzato da satana, nel Paradiso, per portare Eva al peccato. Questo è così marcante che, pur essendo una creatura irrazionale – senza libero arbitrio, pertanto, incapace di aver colpa –, il serpente è stato maledetto dal Creatore, diventando da allora un simbolo della cattiveria. E vipera è stato il titolo dato da San Giovanni ai farisei e sadducei per il fatto di essere strumento di peccato per altri. Più tardi, Nostro Signore ripeterà loro questa censura (cfr. Mt 12, 34; 23, 33) e ne aggiungerà altre ancora più severe e incisive.
Causa della perdizione di altri
7b “….Chi vi ha suggerito di sottrarvi all’ira imminente?”
A seguire, il Precursore li minaccia, ricordando loro l’imminente castigo di Dio. Parlando del “sottrarsi dall’ira”, si riferisce ancora una volta ai sotterfugi elaborati dalla coscienza di chi cerca di sembrare santo davanti agli altri, e vive in un modo che non corrisponde alla sua esteriorità. Tale era la loro situazione, preoccupati com’erano della figura da rappresentare davanti al popolo e non dell’autentico cambiamento di vita preconizzato da San Giovanni Battista. Chi inganna gli altri in questo modo assume il ruolo del serpente che ha mentito a Eva, appartiene alla “razza di vipere” dei farisei e sadducei, e insieme a loro incorre nell’ira divina.
8 “Fate dunque frutti degni di conversione”.
Esigendo questo requisito, San Giovanni afferma tacitamente che i frutti prodotti fino ad allora erano il contrario delle opere della virtù. Infatti, i farisei e i sadducei, ognuno a modo proprio, approfittavano della forza della parola di Dio, della quale si dicevano trasmissori, per ingannare gli altri, deviandoli dalla vera Religione. Inoltre, siccome non cercavano la perfezione, davano il cattivo esempio caratteristico degli ipocriti, che “dichiarano di conoscere Dio, ma lo rinnegano con i fatti” (Tt 1, 16). Quante anime essi avrebbero gettato all’inferno a causa degli scandali provocati dalla loro doppiezza di vita? Lo stesso Nostro Signore avrebbe additato, più tardi, la gravità di questo peccato: “Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il Regno dei Cieli davanti agli uomini; perché così voi non vi entrate, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrarci” (Mt 23, 13). Nel giorno del Giudizio Finale, costoro che si sono condannati si alzeranno per accusare coloro che sono stati la causa della loro perdizione.
Da qui viene un’importante lezione per noi: chi non ha la propria anima in ordine, non conduce gli altri alla virtù. Per fare il bene al prossimo, la vita interiore è fondamentale, come insegna l’eccellente trattato L’anima di ogni apostolato: “Sia la nostra vita interiore come un tronco tumido di linfa robusta che sboccia sempre nei fiori delle nostre opere. Un’anima di apostolo! Ma essa è la prima che deve esser inondata di luce e infiammata d’amore, affinché, riflettendo questa luce e questo calore, possa chiarire e infiammare poi le altre anime. Quello che hanno visto, quello che hanno considerato con i propri occhi, quello che quasi hanno toccato con le loro mani, essi lo devono insegnare agli uomini (cfr. I Gv 1, 1)”.7
Non serviranno a nulla le apparenze…
9 “Non crediate di poter dire fra voi: ‘Abbiamo Abramo per padre’. Vi dico che Dio può far sorgere figli di Abramo da queste pietre”.
Il Precursore ricorda, allora, che davanti al Divino Giudice non serve invocare le apparenze: “Abramo è nostro padre”. Argomento convincente per quelli che assistevano alla predicazione, poiché, secondo l’idea comune tra i giudei, il semplice fatto di discendere da Abramo già garantiva, di per sé, la salvezza eterna. Ora, se Dio può far nascere dalle pietre brute figli di Abramo, l’atteggiamento che dobbiamo avere è quello di invocare la sua grazia, mentre siamo a questo mondo. Tuttavia, mai potremo dire che siamo veri figli di Abramo – ossia, eredi della promessa fatta a lui e alla sua discendenza, cioè, a Cristo (cfr. Gal 3, 16) – se staremo abbracciati al peccato, anche se lo nascondiamo sotto il manto della virtù. È quello che afferma lo stesso Nostro Signore: “Se siete figli di Abramo, fate le opere di Abramo” (Gv 8, 39).
Dai frutti si conosce l’albero
10 “Già la scure è posta alla radice degli alberi: ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco”.
Dopo una tale tremenda accusa pubblica, San Giovanni fa un ammonimento usando l’espressiva immagine dell’albero sterile. Se l’albero che non produce buon frutto serve solo a esser tagliato e gettato nel fuoco, quanto più quello i cui frutti sono cattivi e pregiudicano gli altri! Per tale motivo, a volte è necessario un intervento di Dio per interrompere l’avanzamento del male; al contrario, l’inferno continuerebbe a riempirsi delle creature che Egli ha fatto per renderGli una perfetta ed eterna gloria nel Cielo. L’accetta si trova alla radice degli alberi, poiché “in ogni luogo sono gli occhi del Signore, scrutano i malvagi e i buoni” (Pr 15, 3). E il fuoco eterno aspetta coloro che, non volendo convertirsi, vivono nel peccato e condannano altri col loro pessimo esempio.
Annuncio del Messia che viene per salvare… e condannare
11 “Io vi battezzo con acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più potente di me e io non son degno neanche di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito santo e fuoco”.
Improvvisamente, il discorso muta di tono, poiché il fuoco diventa Nostro Signore. Mettendo in risalto la sostanziale differenza tra il Battesimo penitenziale e il Sacramento che sarebbe stato tratto dal Redentore, Giovanni Battista sottolinea la sua completa sottomissione a Gesù, dichiarandosi indegno di portare i suoi sandali, gesto che toccherebbe a un semplice schiavo. Pone, così, la figura di Nostro Signore nel vero luogo di preminenza agli occhi del popolo, dando mostra dell’umiltà che è stata una costante nella sua missione di annunciatore di Cristo: “Egli deve crescere e io invece diminuire” (Gv 3, 30).
12 “Egli ha in mano il ventilabro, pulirà la sua aia e raccoglierà il suo grano nel granaio, ma brucerà la pula con un fuoco inestinguibile”.
Concludendo le sue parole, il Precursore rivela chi sarà l’esecutore della sentenza precedentemente annunciata: il Messia, lo stesso che viene per salvare, battezzando “con lo Spirito Santo e con fuoco”, è pronto a gettare la paglia “nel fuoco che non si spegne”. Nell’ora del Giudizio, svanirà l’illusione di quelli che credono sia possibile potersela cavare davanti a Dio e andare in Cielo, anche se hanno condotto una vita contraria ai suoi cammini. Non ci sarà più commiserazione né condiscendenza da parte del Creatore: se l’“albero” non ha prodotto ciò che doveva ed è morto nell’inimicizia con Dio, sarà gettato “nella fornace ardente dove sarà pianto e stridore di denti” (Mt 13, 42). E non pensiamo che basti il carattere di cristiano per liberarci dalla disgrazia eterna. Al contrario, questa è un’aggravante della nostra condanna, poiché implica un rifiuto maggiore della grazia.
III – La nostra speranza deve essere in Dio
Invitandoci a pensare un po’ a questi avvenimenti da cui nessuno di noi sfuggirà – la morte e il Giudizio –, le parole di San Giovanni in questa 2a Domenica di Avvento mostrano la necessità di cambiare mentalità. Se ci analizzassimo onestamente, secondo l’ottica di questo Vangelo, constateremmo quanti principi mondani lasciamo entrare nell’anima nel corso del tempo, illudendoci con una falsa sicurezza e stabilità. Sarà, per esempio, l’egualitarismo nato dall’orgoglio, sarà il materialismo, che fa vivere in funzione della tecnica o del denaro, oltre ad altre deviazioni. È in questa prospettiva che dobbiamo considerare la conversione alla quale San Giovanni Battista ci esorta, e prepararci al momento della comparsa davanti al tribunale di Dio.
Giudizio cui dobbiamo guardare con speranza veramente cristiana, ossia, con intera fiducia in Dio e nei meriti del Signore Gesù, che perdonerà i nostri peccati e le nostre miserie purché li riconosciamo, pentiti. Se viviamo con questa disposizione d’anima, raggiungeremo la santità, meta di ogni battezzato, e otterremo la piena partecipazione alla vita di Dio, come sottolinea la Preghiera Colletta: “Dio grande e misericordioso, fa’ che il nostro impegno nel mondo non ci ostacoli nel cammino verso il tuo Figlio, ma la sapienza che viene dal Cielo ci guidi alla comunione con Cristo, nostro Salvatore”.8
1) Cfr. SAN TOMMASO D’AQUINO. Somma Teologica. Suppl., q.87, a.2.
2) Cfr. GOMÁ Y TOMÁS, Isidro. El Evangelio explicado. Introducción, Infancia y vida oculta de Jesús. Preparación de su ministerio público. Barcelona: Rafael Casulleras, 1930, v.I, p.332; 403; FILLION, Louis-Claude. Vida de Nuestro Señor Jesucristo. Infancia y Bautismo. Madrid: Rialp, 2000, v.I, p.295.
3) BOURGET, Paul. Le démon du midi, apud CORRÊA DE OLIVEIRA, Plinio. Revolução e Contra-Revolução. 5.ed. São Paulo: Retornarei, 2002, p.41.
4) Cfr. SAN TOMMASO D’AQUINO, op. cit., III, q.38, a.3.
5) MALDONADO, SJ, Juan de. Comentarios a los cuatro Evangelios. Evangelio de San Mateo. Madrid: BAC, 1950, v.I, p.187.
6) Sebbene nella traduzione liturgica del Brasile risulti “razza di serpenti velenosi”, il testo greco parla di γέννημα ἔχιδνα (gennhma ecidna) e la Neo Vulgata traduce in progenies viperarum, cioè, “razza di vipere”.
7) CHAUTARD, OCSO, Jean-Baptiste. A alma de todo apostolado. São Paulo: FTD, 1962, p.66.
8) SECONDA DOMENICA DI AVVENTO. Preghiera Colletta. In: MESSALE ROMANO. Riformato a norma dei decreti del Concilio Ecumenico Vaticano II e promulgato dal Papa Paolo VI. Città del Vaticano: L. E. Vaticana, 1983, p.12.
Estratto dalla collezione “L’inedito sui Vangeli” da Mons. João Scognamiglio Clá Dias, EP.
Comments