Vangelo
1 Nell’anno decimoquinto dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell’Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetrarca dell’Abilène; 2 sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio scese su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. 3 Ed egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, 4 com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaia: “Questa è la voce di chi grida nel deserto: ‘Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri! 5 Ogni burrone sia riempito, ogni monte e ogni colle sia abbassato; i passi tortuosi siano diritti; i luoghi impervi spianati. 6 Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio’” (Lc 3, 1-6).
La vera ricerca della felicità
In cerca della felicità, molti si avventurano in falsi cammini che terminano nella frustrazione. Il messaggio di San Giovanni Battista sorge nella Storia come un faro sicuro ad illuminare il cammino per trovarla.
I – La ricerca della felicità
Chi si fermasse a fare una breve analisi delle persone del proprio ambiente o anche di altre meno prossime – inclusi antenati, personaggi storici, figure di primo piano nel contesto mondiale odierno o di altri tempi –, capirebbe che, malgrado la differenza di mentalità, attitudini o stile di vita, è possibile in esse distinguere un tratto comune, che orienta le loro azioni: il desiderio di essere felici. Tuttavia, sebbene tutti, senza eccezione, ricerchino la felicità con infaticabile ardore, molti arrivano alla fine dei loro giorni senza averla incontrata… Quale sarà la causa di questi sforzi frustrati? Il problema è che “tutti vogliono essere felici e non tutti desiderano vivere nell’unico modo in cui si può esser felici”,1 osserva Sant’Agostino. Invece di orientare la loro esistenza verso Dio, Bene supremo e fine ultimo dell’uomo, unico Essere che sazia completamente questa aspirazione, molti sono ingannati dal mondo e finiscono per percorrere vie parallele al vero cammino. Non saranno mai felici, per il semplice fatto che seguono un itinerario che non conduce a Dio.
Alcuni, per esempio, si intrappolano nelle illusioni del denaro. Vedono l’equilibrio finanziario come sinonimo di prestigio, potere e influenza nella società, come pure garanzia di un futuro sereno. Non è raro, però, che l’esistenza di chi possiede molto abbia caratteristiche molto diverse da una stabile tranquillità, soprattutto quando accumulano ricchezze per se stessi e non sono ricchi per Dio (cfr. Lc 12, 21). Vivono nell’insaziabile ambizione di accumulare sempre più – infatti “chi ama il denaro, mai si sazia di denaro” (Qo 5, 9) – e, quanto più grande sarà l’opulenza, tanto maggiori saranno le sue afflizioni per amministrarla e conservarla. Per altri, invece, l’illusione sarà la scienza. Aspirando a dominare questioni di difficile comprensione per la maggior parte delle persone e ostinati all’idea di esser all’apice dell’erudizione, consumano il tempo in studi, ricerche e scritti. Fanno del sapere la finalità ultima dell’esistenza, dimenticandosi che è soltanto un mezzo dato da Dio all’uomo per conoscerLo meglio e innalzarsi a considerazioni più elevate. Essendo limitata, la conoscenza umana non soddisferà mai la sete di felicità dell’anima, che anela all’Infinito. Per questo, molti intellettuali, pur essendo applauditi dal mondo, terminano i loro giorni nell’amarezza. A volte, questi falsi cammini portano non solo alla frustrazione, ma anche all’assurdo. È quello che si verifica ai nostri giorni, per esempio, con persone che si sottopongono a diete rigorose per adeguarsi ai canoni di bellezza fisica imposti dalla moda. Ritenendo che si sentiranno pienamente soddisfatte degli elogi e dell’ammirazione suscitata da una esagerata magrezza, prescindono non solo dal nobile piacere del palato temperante, ma anche dalla salute. In casi estremi, questa ingannevole via della felicità diventa una scorciatoia per abbreviare la propria vita…
In questa prospettiva, la nostra considerazione ricade su una figura senza uguali nella Storia, contemplata in questa 2ª Domenica d’Avvento: il Precursore del Signore Gesù. Che relazione possiamo trovare tra il suo messaggio e la ricerca della felicità?
II – La Predicazione di Giovanni Battista
1 Nell’anno decimoquinto dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell’Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetrarca dell’Abilène …
Per situare cronologicamente l’inizio della missione del Precursore e delineare la congiuntura storica in cui si trovava il popolo Giudeo in quell’epoca, San Luca apre il suo terzo capitolo nominando le autorità politiche della Palestina. Il potere supremo dell’Impero Romano era allora esercitato da Tiberio, “uno dei più malfamati tiranni della Storia universale”2 a causa della duplicità di carattere e di uno sfrenato spirito vendicativo che marcò la sua condotta nel governo. Ponzio Pilato fu da lui costituito governatore della Giudea3 e, sotto tutti gli aspetti, si mostrò un autentico rappresentante dell’arbitrario cesare. I racconti evangelici della condanna di Gesù ritraggono il governatore come un uomo codardo ed egoista, capace di spargere sangue innocente per salvaguardare i propri interessi, e i suoi contemporanei Filone e Flavio Giuseppe sono ancor più categorici nel descrivere la sua malvagia indole, dicendo che si era distinto “per il suo disdegno della Legge giudaica, nonostante fosse riconosciuta dai romani, e per la sua perfida crudeltà”.4 Egli approfittava di qualsiasi pretesto per trasgredire i precetti mosaici e così ferire la religiosità e il nazionalismo israelita, poiché “non solamente odiava i suoi sudditi, ma anche aveva una prepotente necessità di mostrar loro il suo odio”.5
I tetrarchi Erode Antipa e Filippo, menzionati subito dopo, erano figli di Erode il Grande. Il suo governo, pertanto, significava per i Giudei l’umiliante condizione della duplice soggezione ai gentili: i romani e gli idumei. Riguardo ad Antipa, basta ricordare il soprannome di volpe che gli fu dato dal Divino Maestro (cfr. Lc 13, 32) per avere una nozione corretta della sua personalità. Alla maniera di questo astuto animale, il comportamento del tetrarca era retto conforme a prudenza carnale, vizio caratterizzato da “un’abile sagacità nel trovare i mezzi più opportuni per dedicarsi a ogni specie di concupiscenze disordinate”.6 Suo fratello Filippo, al contrario, fu onorato nella sua vita personale ed esercitò in modo corretto le funzioni amministrative, al punto da esser considerato un’eccezione alla regola degli erodiani.7 Quanto ad Abilene, provincia limitrofa della Giudea governata da Lisania,8 tetrarca di origine greca, l’Evangelista la include in questa relazione perché tale territorio faceva parte dei “limiti segnalati da Dio ad Abramo […] ed è probabile che fosse abitata in gran parte da Giudei, sebbene sotto il dominio di uno straniero”,9 commenta Maldonado.
Ravvivamento delle aspettative messianiche
2a … sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa…
Dall’epoca di Erode il Grande, i pontefici erano istituiti e deposti in base agli interessi degli imperatori o delle autorità politiche locali, esistendo, con frequenza, negoziazioni corrotte dietro ad ogni nomina. Tale decadenza morale del giudaismo si aggravò con Anna, il quale costituì una organizzazione familiare complice del potere romano ed erodiano, a costo di subornazioni, finendo per controllare tutto l’establishment israelita. Nel momento storico descritto dall’Evangelista, la carica, che era individuale, era occupata da Caifa, genero di Anna. San Luca nomina entrambi per il fatto che Anna, deposto da anni, ancora esercitava una grande influenza tanto che la sua parola era equivalente alla voce del sommo sacerdote ufficiale.10
Questa deplorevole situazione religiosa sommata all’oppressione politica, si rifletteva nel popolo e aveva come risultato uno stato generale di depauperamento. Gravavano su di esso le imposte e gli stessi costumi giudaici si indebolivano sotto l’influsso del paganesimo romano. In nessun momento, tuttavia, gli israeliti persero le speranze riguardo al Messia promesso da Dio ai patriarchi e annunciato dai profeti. Egli sarebbe venuto “a portare il lieto annunzio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri” (Is 61, 1), e sarebbe apparso in un periodo di estrema desolazione per la nazione giudaica. Per questo, nella misura in cui la situazione peggiorava, la realizzazione della promessa messianica sembrava più imminente. Intanto, l’erronea interpretazione delle profezie portava i Giudei a immaginare il Salvatore come un eroe nazionale che li avrebbe liberati dal giogo romano – considerato il grande male dal quale provenivano tutte le altre sventure di Israele – e avrebbe dato loro una insuperabile visibilità politica, sociale e finanziaria, come anche la supremazia rispetto a tutti gli altri popoli della Terra.
In una così singolare atmosfera, nella quale si confondevano lo scoraggiamento e l’aspettativa, un nuovo profeta si manifestò alla nazione eletta.
Un Precursore all’altezza?
2b …la parola di Dio scese su Giovanni, figlio di Zaccaria…
In seguito ai diversi fatti straordinari in relazione alla nascita di San Giovanni Battista (cfr. Lc 1, 5-25.57-66), le notizie a suo riguardo si propagarono “per tutte le montagne della Giudea” (Lc 1, 65), suscitando l’ammirazione popolare. A questo inizio pieno di celebrità, tuttavia, seguirono anni di completo silenzio agli occhi del mondo. Appartandosi dalla società, Giovanni “visse nel deserto fino al giorno in cui si presentò davanti ad Israele” (Lc 1, 80). Tale deserto corrisponde a una regione agreste, quasi tutta disabitata, compresa tra il Lago di Genesareth e il Mar Morto, e che si estendeva a partire dal margine occidentale di quest’ultimo fino ai confini delle terre fertili della Giudea. Lì il bambino crebbe e si fortificò in spirito (cfr. Lc 1, 80) con la pratica di un rigoroso ascetismo, vestendosi di pelle di cammello e alimentandosi di miele selvatico e locuste (cfr. Mc 1, 6; Mt 3, 4), fino all’età di più o meno trent’anni,11 quando cominciò a esercitare il suo ministero. Questo stile di vita ci permette di immaginarlo come “un uomo profondamente raccolto, di una grande delicatezza d’animo ed estrema modestia, talmente assorto in Dio che si ha l’impressione che solo a fatica egli riesca ad uscire dalla sua contemplazione”.12
A prima vista, tanto misteriosa austerità può sembrare l’estremo opposto della gloria infinita del Verbo Incarnato, di cui Giovanni era Precursore. Proprio come l’entrata del Bambino Dio nel mondo era stata annunciata ai pastori da un Angelo risplendente di luce (cfr. Lc 2, 9) e ai Re Magi dalla stella che li condusse a Betlemme (cfr. Mt 2, 1-12), ci si aspetterebbe che anche l’inizio della sua vita pubblica fosse preceduto da apparizioni simili o da straordinari fenomeni della natura. Molto differente, tuttavia, fu l’annuncio fatto da Giovanni Battista, poiché la sua grandezza non era ostentata. “La sua autorità gli veniva da questa purezza più che terrestre e dalla maestà della grazia che lo distingueva agli occhi del popolo come un uomo superiore al resto dell’umanità, incaricato di censurare e riprendere, come anche investito di una missione di ineffabile misericordia”.13
L’essenza della vera grandezza
Tra le altre ragioni, Dio procedette in questo modo per non togliere ai Giudei la possibilità di acquisire il merito della fede, credendo nella divinità di Gesù quando Lo avessero visto personalmente. Infatti, se le esteriorità dell’araldo di Cristo fossero corrisposte alle pompe del cerimoniale prestato alla Seconda Persona della Santissima Trinità dalla corte celeste, si sarebbe estinto lo stato di prova dei contemporanei di Nostro Signore rispetto al mistero dell’Incarnazione. Con la forza dell’evidenza, l’aspetto splendido di Giovanni Battista sarebbe sufficiente per concludere che il Maestro da lui annunciato era Dio stesso.
D’altra parte, la Provvidenza ha voluto insegnarci che il vero valore dell’uomo sta nel suo intimo, sebbene molte volte il mondo non lo riconosca. Non fu tra i leader della politica o della religione in Israele, i cui nomi aprono il Vangelo di oggi, che Dio ha scelto il suo Precursore. L’eletto per questa missione di importanza impari nella Storia, è stato un uomo sui generis per i costumi dell’epoca, senza qualunque prestigio sociale. Nonostante ciò, la sua eccellenza soprannaturale lo fece oltrepassare in grandezza tutti gli uomini, come Gesù stesso ha rivelato: “In verità vi dico: tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni il Battista” (Mt 11, 11). Pertanto, come è proprio dell’azione divina, anche in questo caso la Provvidenza ha scelto quanto c’era di meglio. L’annunciatore di Cristo possedeva la più nobile delle qualifiche: era stato santificato ancora nel grembo materno, diventando pieno dello Spirito Santo e, per questo, era “grande davanti al Signore” (Lc 1, 15).
Di qui ne consegue anche che San Giovanni Battista fu un esempio di quanto, per Dio, l’uomo vale più per quello che è che per quello che fa. I nostri atti esteriori ci ottengono merito soprannaturale più per la disposizione interiore che ci anima, che per lo sforzo impiegato a realizzarli. Modello supremo, in questo senso, è Maria Santissima, il cui amore a Dio e fervore di intenzione le fece dare “più gloria a Dio con la più piccola delle sue azioni – per esempio, filando la rocca, cucendo con l’ago –, che San Lorenzo sulla graticola, nel suo crudele martirio, e lo stesso in relazione alle più eroiche azioni di tutti i santi”,14 insegna San Luigi Grignion de Montfort.
Simbolismo del deserto
2c …nel deserto.
Oltre a riferirsi al luogo dove San Giovanni visse e ricevette la rivelazione, il deserto può esser interpretato in senso simbolico. Così come quella regione era disabitata, anche il Precursore era libero da affetti materiali e pretese mondane, vuoto di se stesso. Il deserto è una bella immagine dell’anima degnamente preparata a ricevere Gesù e a partecipare al Regno di Dio: spoglia delle manie e dei capricci egoisti, lontana dal materialismo regnante nel mondo, deserta di vanità e ambizioni.
Un battesimo di penitenza
3 Ed egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati…
In modo differente dagli antichi profeti, Giovanni Battista non si diresse nelle città, né nei luoghi pubblici dove era maggiore il numero degli uditori. Percorrendo gli aspri dintorni del fiume Giordano, cominciò proprio lì a predicare a coloro che incontrava – molto pochi, certamente. L’impatto causato dalla sua persona e dal vigore del suo messaggio ebbe una rapida ripercussione, e subito “accorreva a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme” (Mc 1, 5). In quella regione, un tempo solitaria, diventò intensa la circolazione di giudei che cercavano di incontrare nel profeta l’alba dell’anelata rigenerazione morale e religiosa di Israele. Inoltre molti avevano dentro di sé il peso di un dubbio pieno di speranza: non era Giovanni lo stesso Messia? Per questo, ora discernendo i pensieri dei cuori, ora rispondendo a domande esplicite, il Precursore inframmezzava le esortazioni alla penitenza con affermazioni che dirimevano gli equivoci riguardo la sua persona: “Io vi battezzo con acqua; ma viene uno che è più forte di me, al quale io non son degno di sciogliere neppure il legaccio dei sandali” (Lc 3, 16). Se Colui che sarebbe dovuto venire superava ancor più il mirabile e incantevole Battista, era necessario prepararsi a riceverLo.
In vista di questo grande avvenimento, numerosi giudei ricevettero il “battesimo di conversione”. Questo, tuttavia, non conferiva la grazia all’anima15 come il Battesimo sacramentale istituito in seguito da Cristo, poiché era appena un simbolo che consolidava il cambiamento di mentalità al quale Giovanni invitava, ratificando in forma sensibile il desiderio di purificarsi spiritualmente, attraverso la penitenza, al fine di poter partecipare all’imminente Regno di Dio.
Predicazione di alto senso simbolico
4 …com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaia: “Questa è la voce di chi grida nel deserto: ‘Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!’”
Queste parole di Isaia, che hanno preannunciato la fine dell’esilio del popolo Giudeo in Babilonia e il ritorno in Palestina, avevano attraversato i secoli come segno di consolazione e perdono. Sulle labbra del Precursore, tuttavia, lo stesso messaggio si rivestì di un carattere penitenziale, penetrando a fondo nelle coscienze e muovendole alla conversione.
Importante è ricordare che la predicazione di Giovanni Battista non fu diretta solamente a coloro che ebbero la ventura di vivere al tempo di Gesù. Come insegna San Bernardo, la venuta del Signore Gesù al mondo può esser divisa in tre tappe, di cui la prima corrisponde alla sua vita mortale e l’ultima al Giudizio alla fine del mondo, quando Egli verrà in Corpo glorioso. La seconda venuta, a sua volta, è quotidiana, quando Egli viene da ognuno di noi, con la sua grazia.16 Gesù ci chiama in ogni momento, nelle più diverse circostanze della vita, perciò è necessario esser sempre pronti a riceverLo.
Come un tempo quei giudei che accorrevano sulle sponde del Giordano, anche noi dobbiamo produrre “frutti di vera penitenza” (Mt 3, 8), mettendo in pratica gli ammonimenti del Precursore. In primo luogo, egli esorta a raddrizzare i sentieri del cammino per il quale il Signore passerà tra breve. Non si tratta, evidentemente, di promuovere un’opera di rettificazione delle strade della Palestina. Tutta la sua predicazione ha un alto senso simbolico e deve esser interpretata in un’ottica soprannaturale. Questo ammonimento è un appello ad eliminare le deviazioni che si stabiliscono nell’anima quando si vuol coniugare l’adorazione a Dio con l’egoismo. Chi non si impegna a combattere i difetti personali né a progredire nella perfezione, finisce per entrare nei tortuosi sentieri dei vizi ai margini del bene, senza, tuttavia, volerlo abbandonare interamente. Presto o tardi, il dinamismo del male termina soffocando una fragile adesione alla virtù e si cade interamente nella via del peccato.
Opportuno è, in Avvento, soffermarci un po’ nel nostro cammino spirituale e, astraendo dalla frenesia del mondo, esaminare la nostra coscienza per verificare se non stiamo, in qualche punto, costruendo tragitti sinuosi nella nostra vita. Facciamo allora il fermo proposito di raddrizzarli, cercando l’intera coerenza tra la nostra condotta e la Fede, che consiste nel perfetto compimento dei Comandamenti della Legge di Dio.
Eliminare la mediocrità e l’orgoglio
5a “‘Ogni burrone sarà riempito, ogni monte e ogni colle sarà abbassato…’”
Chiamato a vivere in funzione della sua dignità di figlio di Dio e ad avere gli occhi sempre posti negli elevati panorami della Fede, molte volte l’uomo volge le spalle a questo piano superiore e concentra tutta l’attenzione sulle cose concrete, preoccupandosi eccessivamente dei beni materiali e di banalità proprie dell’esistenza terrena. Tale meschinità lo porta a dimenticarsi del carattere effimero di questa vita e, disprezzando l’eternità, a vivere come se il Creatore non esistesse. Si formano nell’anima, allora, le valli dell’assenza di Dio. Di pari passo, ci sono anche montagne e colline nella vita spirituale. Sono le elevazioni dell’amor proprio disordinato, che si manifesta nelle più svariate maniere. Per esempio, nel desiderio di richiamare l’attenzione altrui sulle proprie qualità personali, reali o supposte, cercando di emergere rispetto agli altri. Oltre che riempire le valli della mediocrità materialista, è necessario livellare queste prominenze dell’orgoglio.
È interessante qui osservare un particolare del testo evangelico, poiché, in questo versetto, il Precursore non dà un ordine, come nel precedente, ma fa un’affermazione: le valli saranno riempite; le montagne e colline saranno abbassate. Con la venuta di Nostro Signore al mondo sono stati messi a disposizione dell’umanità i Sacramenti, mezzi efficaci per questa riforma interiore. Conferendo la grazia all’anima, essi correggono i dislivelli che si frappongono nel cammino della perfezione e che rendono difficile il progresso spirituale. Come commenta San Cirillo, “quando Dio fatto uomo ha distrutto il peccato nella sua carne, tutto è stato appianato ed è diventato facile il cammino, non essendoci monti né valli che fossero di ostacolo a chi volesse camminare”.17 Resta all’uomo unire a questo ausilio divino il proprio sforzo, sempre cosciente che ogni passo, per quanto piccolo, si deve alla grazia ottenuta da Cristo e non semplicemente al suo solo impegno.
Le razionalizzazioni, passi tortuosi della coscienza
5b “‘…i passi tortuosi siano diritti; i luoghi impervi spianati’”.
Le razionalizzazioni – ossia, i falsi ragionamenti elaborati dall’uomo per giustificare le proprie colpe – sono deviazioni molto sottili nella vita spirituale, poiché celano l’inconsistenza dell’errore con l’apparenza solida della verità. I passi tortuosi sono un’immagine adeguata di questi disonesti sotterfugi del peccatore, che fugge quando si imbatte nel pungolo della coscienza che lo importuna, ammonendolo riguardo al male che pretende fare o rimproverandolo per le colpe già praticate. Solo con tali sotterfugi l’uomo riesce a rimanere negli accidentati cammini del peccato. Per eliminare queste ingannevoli irregolarità del terreno è necessaria la virtù della rettitudine, che fa vedere alla persona per intero la propria debolezza e cattiveria, riconoscendosi peccatrice e bisognosa della protezione soprannaturale per non affondare nelle tentazioni. Tuttavia, il fattore decisivo è, ancora una volta, l’azione divina, che mette in risalto agli occhi dell’uomo l’orrore del peccato e la nozione che Dio conosce tutte le cose, anche i più intimi pensieri e le intenzioni del cuore.
Dio deve essere al centro della vita dell’uomo
6 “‘Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio’”.
Queste parole finali sono molto esatte, non solo per significare l’universalità della missione di Nostro Signore, ma anche l’atteggiamento degli uomini in relazione a Lui, liberi come sono di accettarLo o respingerLo e, in vista di questo, ottenere la salvezza o la perdizione eterna. Di qui a ragione, San Giovanni non dice che tutti si salveranno, ma che tutti vedranno la salvezza, come commenta Don Duquesne: “Il Salvatore, inviato da Dio, è venuto per tutti gli uomini ed è stato annunciato a tutti gli uomini; non tutti, tuttavia, Lo hanno riconosciuto e Lo hanno seguito, ma verrà un giorno in cui tutti Lo vedranno come loro Giudice”.18
Infine, tornando al problema della felicità, al quale ci riferivamo all’inizio, possiamo vedere la conversione predicata dal Precursore come un faro sicuro per illuminare il percorso nella ricerca di questo tesoro desiderato da tutti noi, poiché l’obiettivo di ognuno dei suoi insegnamenti si riduce a uno solo: far sì che l’uomo viva in funzione di Dio e non di se stesso.
III – Dio ci condurrà fino alla fine
Il Vangelo di questa 2ª Domenica d’Avvento, mostrandoci la stretta relazione tra la conversione e la felicità, propone a ognuno di noi una sfida. Da un lato, comprendiamo la necessità di mettere in pratica gli ammonimenti di San Giovanni Battista, riformandoci spiritualmente. Dall’altro, ci pesano le conseguenze del peccato originale e dei nostri peccati attuali, e vediamo quanto incapaci siamo di portare a termine una riforma interiore senza la forza della grazia di Dio. Non riusciamo neppure a fare una degna penitenza per le nostre colpe! È la sfida della santità, davanti alla quale si trova ogni cristiano. Tocca a noi non scoraggiarci mai a metà cammino, ma credere con fede robusta che Lui, avendo cominciato in noi questa buona opera, la porterà alla perfezione, come scrive San Paolo ai Filippesi nel brano scelto per la lettura di questa domenica (cfr. Fil 1, 6). Tale opera inizia con il Battesimo, quando Dio introduce nell’anima la grazia, facendola partecipare alla vita divina. Conferita come una semente, essa deve svilupparsi durante tutta l’esistenza, “fino a raggiungere in ognuno di noi la pienezza che corrisponda al grado della nostra predestinazione in Cristo”.19
Esistono ostacoli, tuttavia, che impediscono il suo sviluppo… Sono i monti, le valli e altre sinuosità poste dall’uomo stesso nel terreno della sua anima, dove la grazia dovrebbe crescere. Il desiderio di rimuovere tali impedimenti, l’impiego di tutti i mezzi alla nostra portata per eliminarli e, soprattutto, la fiducia nell’onnipotenza divina, sono il contributo che la Provvidenza si aspetta da noi in quest’opera di perfezione, il cui Autore e Consumatore è lo stesso Dio.
Come alimento della nostra speranza, rivolgiamo il nostro sguardo alla Madonna, Ausilio dei Cristiani, che in ogni istante intercede per noi presso il suo Divino Figlio. Tutti i doni da noi ricevuti li abbiamo ottenuti per sua mediazione. Ora, “Ella non può essere la Signora delle opere incompiute. Ella è la Signora delle costruzioni terminate, delle grandi opere portate a termine”,20 afferma con unzione il Prof. Plinio Corrêa de Oliveira. Non ci resta, pertanto, che abbandonarci alle materne cure di Maria Santissima, certi che Ella stessa Si incaricherà di condurre alla pienezza quest’audace impresa di farci perfetti così come il Padre celeste è perfetto (cfr. Mt 5, 48).
1) SANT’AGOSTINO. De Trinitate. L.XIII, c.4 n.7. In: Obras.
Madrid: BAC, 1956, v.V, p.712.
2) WEISS, Juan Bautista. Historia Universal. Barcelona:
La Educación, 1927, v.III, p.661.
3) Secondo gli storici, Erode il Grande, aveva messo per iscritto
in testamento che dopo la sua morte la Palestina fosse divisa tra i
suoi tre figli. E così si fece: la Giudea, la Samaria e l’Idumea
furono date ad Archelao; Erode Antipa ricevette la Galilea e la
Pereia, mentre le terre situate a nord della Transgiordania furono
la parte di Filippo. Accusato di tirannia, Archelao fu deposto da
Cesare Augusto e il suo territorio diventò soggiogato al governo
della Siria. A partire da allora, gli imperatori nominavano
procuratori che si stabilivano nella Giudea ed esercitavano la
loro autorità in tutta la provincia (cfr. RICCIOTTI, José.
Historia de Israel. Buenos Aires: Excelsa, [s.d.], t.II, p.412-413;
SCHUSTER, Ignacio; HOLZAMMER, Juan B. Historia Bíblica. Barcelona:
Litúrgica Española, 1935, t.II, p.76).
4) SCHUSTER; HOLZAMMER, op. cit., p.132, nota 1.
5) RICCIOTTI, op. cit., p.430.
6) ROYO MARÍN, OP, Antonio. Teología Moral para seglares.
Madrid: BAC, 1996, v.I, p.421.
7) Cfr. RICCIOTTI, op. cit., p.414.
8) Questo dato del Vangelo di San Luca fu causa di numerose
controversie per un lungo periodo, a causa della mancanza di prove
della sua storicità. Si riteneva fosse stato un equivoco
dell’Evangelista la menzione di Lisania come contemporaneo
di Tiberio (14-37), poiché re Lisania di cui si aveva notizia
era stato ucciso prima della costituzione dell’Impero Romano,
vittima dell’istigazione di Cleopatra presso Antonio
(cfr. FLAVIO GIUSEPPE. Antichità giudaiche. L.XV, c.4).
Le polemiche cessarono, tuttavia, davanti all’evidenza portata
alla luce quando scavi nella regione scoprirono iscrizioni
dell’epoca che coincidono con il Vangelo. Sulla base di questi
registri, si è concluso che San Luca si riferisce a un altro
Lisania, governante dell’antico regno di Calcide, allora trasformato
in tetrarchia, ricevendo il nome di Abilene.
9) MALDONADO, SJ, Juan de. Comentarios a los Cuatro Evangelios.
Evangelios de San Marcos y San Lucas. Madrid: BAC, 1951, v.II, p.445.
10) Cfr. SCHUSTER; HOLZAMMER, op. cit., p.132; FERNÁNDEZ TRUYOLS,
SJ, Andrés. Vida de Nuestro Señor Jesucristo. 2.ed. Madrid: BAC,
1954, p.621-622
11) Cfr. MALDONADO, op. cit., p.442.
12) COLERIDGE, SJ, Henry James. La prédication de St.
Jean Baptiste. Paris: P. Lethielleux, 1890, p.14-15.
13) Idem, p.15
14) SAN LUIGI MARIA GRIGNION DE MONTFORT. Traité de la vraie
dévotion à la Sainte Vierge, n.222. In: Œuvres Complètes.
Paris: Du Seuil, 1966, p.638.
15) Cfr. SAN TOMMASO D’AQUINO. Somma Teologica. III, q.38, a.3.
16) Cfr. SAN BERNARDO. Sermones de Tiempo. En el Adviento del Señor.
Sermón V. In: Obras Completas. Madrid: BAC, 1953, v.I, p.177.
17) SAN CIRILLO, apud SAN TOMMASO D’AQUINO. Catena Aurea. In Lucam,
c.III, v.3-6.
18) DUQUESNE. L’Évangile médité. Paris: Victor Lecoffre,
1904, v.I, p.115.
19) ROYO MARÍN, OP, Antonio. Somos hijos de Dios. Madrid:
BAC, 1977, p.91.
20) CORRÊA DE OLIVEIRA, Plinio. Conferenza. São Paulo, 14 giu. 1995.
Estratto dalla collezione “L’inedito sui Vangeli” da Mons. João Scognamiglio Clá Dias, EP.
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