Vangelo
6 Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. 7 Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. 8 Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. 19 Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: “Tu, chi sei?” 20 Egli confessò e non negò. Confessò: “Io non sono il Cristo”. 21 Allora gli chiesero: “Chi sei, dunque? Sei tu Elia?” “Non lo sono”, disse. “Sei tu il Profeta?” “No”, rispose. 22 Gli dissero allora: “Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?” 23 Rispose: “Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaia”. 24 Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei 25 Essi lo interrogarono e gli dissero: “Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il Profeta?” 26 Giovanni rispose loro: “Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, 27 Colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo”. 28 Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando (Gv 1, 6-8.19-28).
Il Salvatore: gioia dei buoni e sconcerto dei cattivi
La gioia suscitata dall’imminente nascita del Redentore è per tutti, senza distinzione, o soltanto per quelli che aprono il cuore al suo amore trasformante?
I – Gioia di fronte all’ imminente venuta del Salvatore
La Chiesa, essendo un’istituzione divina fondata da Nostro Signore Gesù Cristo, che è il Capo di questo Corpo Mistico, possiede la stessa sapienza Sua e tutto fa con intenzione, peso e misura. Così, ella stabilisce due domeniche dell’anno che, in mezzo alla penitenza, portano la gioia: la 3a Domenica di Avvento, chiamata Domenica Gaudete e la 4a Domenica di Quaresima, denominata Domenica Lætare. La prima riceve questo nome dalla parola iniziale dell’Antifona d’ingresso, tratta dalla Lettera di San Paolo, Apostolo, ai Filippesi: “Gaudete in Domino semper: iterum dico, gaudete. Dominus enim prope est – Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. La vostra amabilità sia nota a tutti. Il Signore è vicino!” (4, 4-5).
La prospettiva della fine diminuisce la sofferenza
L’esperienza di tutti coloro che convivono con persone colpite da qualche sofferenza, fisica o morale, conferma che questa diventa molto più difficile da sopportare per il fatto che esse non sanno quando tale sofferenza terminerà. Nel ricevere la garanzia che il dolore cesserà in un determinato momento, gran parte del tormento scompare. Allo stesso modo, si sa da studi scientifici che la gioia è causa del prolungamento della nostra esistenza e, al contrario, quando ci lasciamo abbattere dalla tristezza, la vita si accorcia. Qualcosa di analogo si verifica nella Liturgia di questa Domenica Gaudete – la più significativa di tutto l’Avvento –, il cui principale obiettivo è dare a ciascuno la vigorosa speranza che, alla fine, il nostro Redentore si appresta a nascere e ad aiutarci a comprendere con maggior profondità il Vieni, Signore Gesù!, ripetuto nel corso di queste quattro settimane. Oggi varchiamo la soglia dell’ascensione penitenziale e ci sentiamo colmati di gioia nella prospettiva della venuta dell’Atteso di tutte le Nazioni, che quasi commemoriamo anticipatamente. In vista di questo, la Chiesa celebra questa domenica con giubilo, fiori, strumenti musicali e paramenti rosacei, implorando nella Preghiera Colletta: “fa’ che giunga a celebrare con rinnovata esultanza il grande mistero della salvezza”.1
La voce che grida nel deserto, contemplata nel Vangelo di San Giovanni, chiede che spianiamo “la via del Signore”, cambiamo di mentalità e ci riempiamo del suo spirito. Ma la Chiesa vuole che lo facciamo in mezzo alla gioia, poiché usciamo da una situazione brutta, miglioriamo e il progresso può essere solo motivo di giubilo. San Tommaso2 spiega che la gioia è frutto dell’amore, pertanto, chi ama ha gioia. La carità, a sua volta, porta la persona ad avere un grande desiderio di possedere quello che la eleva, e noi siamo nell’attesa della venuta di uno che è l’Essere per eccellenza, lo stesso Dio Incarnato, il nostro Redentore. Resta da sapere se esista una condizione per ottenere questa gioia, inseparabile dalla Sua venuta, o se essa sia destinata a tutti, senza particolari esigenze. La risposta ci è data dal Vangelo.
II – Il contrasto tra la gioia dei buoni e lo sconcerto dei cattivi
San Giovanni ha scritto il suo Vangelo nell’ultima decade del I secolo, tempo già segnato dalla presenza di gnostici, ebioniti e giudaizzanti nella Chiesa nascente, che tentarono di deformare la vera messa a fuoco riguardo all’Antico Testamento e persino la Rivelazione portata dal Signore Gesù, soprattutto con la negazione della sua personalità divina. Sebbene cercassero di mostrarsi cristiani, in realtà, volevano corrompere gli altri con le loro idee e fare proselitismo del male.
L’Evangelista comincia con molta logica il suo racconto, con un prologo nel quale afferma in maniera categorica – come di chi ha convissuto con il Figlio di Dio Incarnato – che Nostro Signore è interamente Uomo e interamente Dio, e presenta una testimonianza che conferma questa dottrina, con un argomento di autorità.
La comparsa improvvisa di un profeta eliatico
6 Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni.
Questo testimone è San Giovanni Battista. In tutta Israele di quel tempo non c’era uomo che avesse maggior prestigio di lui. Dotato di notevole personalità, contro la quale nessuno era capace di opporsi, era tenuto in grande considerazione, al punto da non poter essere messo in discussione. Così, la sua autorità ratifica le audacissime affermazioni cristologiche fatte dal Discepolo Amato, all’apertura di questo Vangelo. E, per questo, il Precursore è già citato prima ancora della conclusione del prologo, nel versetto 18.
“Sorse” è un termine simile a quello utilizzato dalla Scrittura nella descrizione dell’improvvisa comparsa di Elia (cfr. Sir 48, 1), dando l’idea che non si sapesse chi fosse Giovanni, né da dove venisse. Il profeta sorge all’improvviso, suscitato da Dio, e lo fa in una forma sui generis. Si veste con pelo di cammello e si alimenta di locuste e miele selvatico. L’improvvisa entrata in scena di San Giovanni Battista e la sua predicazione hanno fatto di lui una figura sconvolgente nella società giudaica, che ha scosso il paese da cima a fondo, mobilitato la popolazione, prodotto un vero subbuglio nelle coscienze e suscitato perplessità e interrogativi nel fondo delle anime a proposito della sua identità. Ispirato dallo Spirito Santo, egli non andò ad esercitare la sua missione a Gerusalemme, ma scelse le rive del fiume Giordano, dove l’influenza dei maestri della Legge, dei farisei e delle altre autorità giudaiche era meno efficace, oltre a essere luogo di passaggio delle carovane. E, rimanendo lì per lungo tempo, i suoi insegnamenti si andarono propagando per tutta la nazione eletta.
Molti tessevano commenti a suo riguardo, e presto circolarono differenti ipotesi sulla figura del Precursore. Alcuni dicevano che era il Messia, impressionati dalle qualità di quest’uomo di Dio; altri, basandosi sulle profezie che menzionavano il ritorno di Elia, vedevano in lui il grande profeta che era ritornato dal suo misterio so ritiro; infine, c’era chi era convinto fosse il Profeta che sarebbe dovuto venire (cfr. Dt 18, 15).
Dio ama e istituisce le mediazioni 7
Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. 8 Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce.
In questi due versetti, l’Evangelista sottolinea che San Giovanni Battista non era la luce, ma il testimone di un altro. Possiamo immaginare il Precursore come un uomo che viveva emozionato, in attesa di colui che egli annunciava. Qui vediamo quanto la Provvidenza ami il principio di mediazione e invii intercessori a orientare il popolo sulla via delle grazie che Essa vuole versare. Il Dottore Angelico insegna: “Alcuni uomini sono ordinati da Dio, in modo speciale; e non solo danno testimonianza di Dio naturalmente, per il fatto di esistere, ma la danno anche spiritualmente, con le loro buone opere. Ne consegue che tutti i santi uomini sono testimoni di Dio, poiché con le loro buone opere Dio Si fa glorioso tra gli uomini […]. Tuttavia, coloro che non si limitano a partecipare di per se stessi ai doni propri di Dio, agendo bene per grazia di Dio, ma li diffondono ad altri, parlando, mobilitando ed esortando, sono in modo più speciale testimoni di Dio. […] Giovanni, allora, è venuto a dare testimonianza, a diffondere presso gli altri i doni di Dio e annunciare la sua lode”.3 Tali uomini servono da strumento e, in un certo senso, da pretesto per la comunicazione di queste grazie, poiché la Provvidenza le concede in funzione di quello che essi dicono, fanno o indicano. Per alcuni, in una forma sufficiente, per altri, sovrabbondante; per alcuni, in forma cooperante, per altri, efficace, ma a tutti dà la grazia attraverso il mediatore che Essa costituisce, affinché le persone si convertano.
Insicurezza tra le autorità di Israele
19 Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: “Tu, chi sei?”
San Giovanni ha redatto il suo Vangelo con l’obiettivo, tra gli altri, di contrapporlo alle calunnie e deviazioni dei capi della sinagoga, nemici dell’incipiente Religione Cristiana. Per questa ragione, in esso stabilisce una chiara distinzione tra Nostro Signore e i suoi discepoli, da un lato, e i membri della classe dirigente di Israele, dall’altro. Questi – e in particolare i farisei, in questo versetto – egli li designa col termine “giudei”.4
Gerusalemme era scossa. Il mormorio popolare intorno alla persona di San Giovanni ha fatto sì che il Sinedrio – composto dalle élite israelite, sempre molto impegnate a mantenere il controllo sull’establishment e a non staccarsi dalle loro rispettive basi nell’opinione pubblica dell’epoca – fosse preoccupato. Aleggiava un interrogativo tremendo su colui che stava predicando sull’altra riva del Giordano, in un luogo dove controllarlo o catturarlo per esaminarlo nel Tempio non era così facile come sarebbe stato nella stessa Città Santa.
Secondo il loro modo di pensare, sembrava evidente che se San Giovanni battezzava, lo faceva perché era il Messia, o Elia o il Profeta. La credenza dei giudei in generale era che il Messia atteso avrebbe aperto prospettive grandiose e avrebbe portato la supremazia del popolo giudeo su tutti gli altri. Era possibile che Egli venisse a battezzare, ma sarebbe stato un battesimo di gloria e salvezza meramente umane. Elia, a sua volta, costituiva una figura eccezionale tra tutti i profeti e, in quanto tale, aveva anche lui il diritto di battezzare. Lo stesso si dica del Profeta sopra menzionato. Quale dei tre era Giovanni? Li assaliva un grande timore per il fatto che un personaggio così misterioso non fosse passato per la loro scuola. Allora, l’intelligenza di questi uomini si dava da fare per scoprire la sua origine, i suoi obiettivi, e il perché di quei gesti, di quell’atteggiamento e simbologia.
La predicazione di San Giovanni si opponeva ai disegni del Sinedrio
Infatti, l’idea che avevano del Messia non corrispondeva a San Giovanni Battista. Costui “batteva la strada precisamente opposta. Affermava che figli d’Abramo potevano saltar su anche dalle pietre; non prometteva domini e supremazie; non toccava né invocava armi; non s’occupava di politica; non faceva miracoli; era povero e nudo: ma in compenso tutta la sua predicazione si riassumeva in un ammonimento morale”.5 Egli insegnava una serie di principi che obbligavano chi lo avesse accettato come un inviato di Dio, a cambiare vita. Questo era proprio quello che non volevano i farisei, le cui dottrine si opponevano a quelle del Precursore. Tuttavia, essi pensavano che questa fosse solo una prima fase di presentazione del Messia e, una volta che egli avesse acquisito potere e influenza politica, con il dominio dell’opinione pubblica, si dichiarasse come essi desideravano. Era, pertanto, vantaggioso agire con diplomazia affinché quest’uomo restasse dalla loro parte.
Così, decisero di inviare una commissione formata dai più capaci tra i capi religiosi israeliti, per sapere con sicurezza chi egli fosse e decidere che atteggiamento assumere. Di conseguenza, avevano bisogno di un’informazione chiara. Senza dubbio erano insicuri, perché se la missione di San Giovanni fosse stata ufficiale, la loro fama sarebbe stata compromessa. Come spiegare, allora, che non fossero stati avvisati della sua venuta né lo avessero scoperto fino a quel momento? In realtà, essi dovevano avere nozione che già vivevano nel tempo del Messia, poiché alcuni anni prima, quando Erode aveva fatto chiedere ai principi dei sacerdoti e ai dottori della Legge dove Egli sarebbe dovuto nascere (cfr. Mt 2, 3-6), fu data loro la risposta corretta, prova che si applicavano allo studio e all’interpretazione delle Scritture, e questo Atteso era tema di conversazioni tra loro. E non è del tutto impossibile che lo Spirito Santo abbia anche concesso loro lumi riguardo alla prossimità dell’avvento del Salvatore.
Un altro motivo che li portava a non disprezzare la figura di San Giovanni Battista era che, dopo secoli di assenza di profetismo, Israele si sentiva desiderosa di una voce che si pronunciasse sul Messia futuro. Dio stesso poneva nelle anime un’impazienza, dando a intendere che la sua venuta fosse imminente. Se gli animali hanno istinti infallibili per presentire certi fenomeni della natura, a maggior ragione esistono nell’anima umana istinti che le permettono di discernere il soprannaturale. È difficile ipotizzare che Nostro Signore, stando in mezzo a loro, ormai a trent’anni di età, non sia stato annunciato da numerosi segnali. Un Dio che Si incarna per vivere in società non causerà nulla nella natura? È evidente che la presenza di un Uomo che non possiede personalità umana, ma è la Seconda Persona della Santissima Trinità, e di sua Madre, creatura senza peccato originale, deve aver esercitato un vigoroso influsso sul popolo eletto, suscitando azioni, imponderabili, insoddisfazioni, brame e suspense che creavano un’aspettativa crescente.
O controllare, o distruggere…
Il clima regnante nel Giordano era teso a causa dello scontro fra il potere costituito, in tutta la sua forza, e un uomo che era apparso all’improvviso. Non dimentichiamoci che un atto soprannaturale fatto con tutta fede e compenetrazione ha tre effetti: uno è la gioia nel Cielo; l’altro, il tremore nell’inferno; e terzo, si ripercuote anche sulla Terra, dove le anime buone si sentono fortificate, i mediocri diventano più confusi e nei cattivi cresce l’amarezza, l’afflizione, l’insicurezza. Quest’ultimo era l’effetto provocato nel Sinedrio da San Giovanni Battista. Nicodemo e Giuseppe d’Arimatea avrebbero dovuto sperimentare una maggior appetenza per il bene rispetto a prima, ma l’autorità religiosa era, da qualche tempo, timorosa, inquieta e agitata, più o meno come uno che sta con le mani elevate per impressionare il pubblico, quando nota un altro che rovista nella sua tasca per togliergli il denaro. Rimane senza sapere come agire, perché vorrebbe mettere le mani in tasca e non può farlo per paura del ridicolo.
Da uomini perversi quali erano i membri del Sinedrio, se Giovanni fosse stato il Messia, Elia o un profeta, forse lo avrebbero accettato per tentare di entrare in conciliabolo con lui. Pianificarono un modo per attirarlo a sé, per poterlo poi dominare ed evitare che assumesse atteggiamenti opposti ai loro interessi. Se non ci fossero riusciti, avrebbero mosso guerra contro di lui, cercato di zittirlo o persino di ucciderlo, come i loro progenitori avevano fatto a molti profeti nel corso dei secoli e, nel giro di pochi anni, essi stessi avrebbero fatto a Gesù. Nessuno sa se la successiva prigionia di San Giovanni Battista, ordinata da Erode, non sia stata architettata da mani occulte…
Meticolosamente restitutore
20 Egli confessò e non negò. Confessò: “Io non sono il Cristo”.
Questo incontro, tra la delegazione dei rappresentanti della Religione vera e San Giovanni Battista, offriva a quest’ultimo la possibilità di affermare in forma ufficiale quello che non aveva detto in maniera così chiara fino ad allora.
Narrando la testimonianza del Precursore, l’Evangelista intenzionalmente usa due verbi: “confessò e non negò”, uno affermativo e l’altro negativo. Sarebbe stato sufficiente uno soltanto, ma lui volle mettere in risalto che ci fu una confessione, ossia, una dichiarazione solenne, una manifestazione della sua fede, e, allo stesso tempo, San Giovanni “non negò la verità perché disse che non era il Cristo; in altro modo avrebbe negato la verità […]. Non negò la verità perché, per quanto grande fosse considerato, non si consegnò alla superbia usurpando per sé l’onore altrui”.6
È comune vedere nel corso della Storia che l’uomo, messo di fronte a due valori spirituali, uno maggiore e l’altro minore, tenda a preferire l’inferiore. Per esempio, quando Gedeone vinse i 135 mila madianiti con soli 300 uomini (cfr. Gdc 7–8, 12), gli ebrei gli offrirono gli ornamenti d’oro ottenuti come bottino di guerra e Gedeone fece con loro un ricchissimo efod, che espose a Efra, sua città. Ebbene, poco tempo dopo i giudei caddero nell’idolatria, adorando questo oggetto (cfr. Gdc 8, 24-27). È la legge della gravità spirituale.
Per questo, ancor prima di essere interrogato esplicitamente sulla sua missione, San Giovanni esclude assolutamente l’idea di essere il Messia. Infatti, chiunque è inviato ad annunciare uno che gli è superiore ha un vero e proprio panico – posto da Dio e frutto dell’onestà d’animo – che lo prendano per colui che annuncia. “È dovere del buon servitore non solo non defraudare il suo signore della gloria, che gli è dovuta, ma rifiutare gli onori che la moltitudine gli vorrebbe tributare”.7 In San Giovanni questa impostazione era un sesto senso, e egli non pensava neppure alla possibilità di presentarsi come il Cristo.
Possiamo bene immaginare che il Precursore abbia detto questo con gioia, perché in fondo alla sua anima aveva speranza! Egli sapeva, per ispirazione mistica, che era prossima la manifestazione pubblica del Messia, battezzato da lui poco prima. Tutta la mobilitazione che stava crescendo sulle rive del Giordano, al punto da richiamare l’attenzione delle autorità che decisero di interrogarlo, indicava che era giunta l’ora della rivelazione del Salvatore.
In tal senso, è opportuno trattare un particolare. Alcuni commentatori presentano San Giovanni Battista mentre gioca con Gesù, in una celestiale relazione, durante l’infanzia. Altri credono che San Giovanni non Lo abbia conosciuto e, ancora bambino, si sia separato dai genitori, vista la probabilità che fosse rimasto orfano presto a causa dell’età avanzata di Zaccaria ed Elisabetta. Partì, allora, per il deserto dove avrebbe ricevuto ispirazioni dallo Spirito Santo e sarebbe stato preparato da Dio per la grande missione che gli era destinata. Siamo di quest’ultima opinione e crediamo, pertanto, che egli abbia visto Nostro Signore per la prima volta già in età adulta. Si può presumere il motivo che avrà portato la Provvidenza a disporre le cose in questo modo.
San Giovanni Battista rappresenta tutta la tradizione; egli simbolizzava, come in una sintesi, l’Antico Testamento e, in quanto tale, veniva ad annunciare l’apertura del Nuovo. Se il Precursore avesse conosciuto prima il Divino Maestro, la sua azione avrebbe avuto un merito molto minore, perché egli sarebbe venuto a dare testimonianza di quello che già aveva potuto verificare. Al contrario, partecipando quanto possibile all’aspettativa del popolo eletto, che da secoli implorava la venuta del Messia, il suo annuncio aveva una forza soprannaturale straordinaria per convertire le moltitudini.
In questo momento, registrato dalla narrazione dell’Evangelista, San Giovanni parlava dopo aver battezzato Nostro Signore e, il giorno dopo, vedendoLo avvicinarSi, dirà ai suoi discepoli: “Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: ‘Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me’. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele” (Gv 1, 29-31). Di conseguenza, egli indicherà il Messia, non come un profeta che dice “Avverrà!”, ma come uno che proclama: “È già avvenuto!”.
È molto più emozionante, in questa prospettiva, oltre al fatto che possiede una maggiore sostanza intellettuale, e anche cognitiva, il fatto che San Giovanni abbia avuto il primo contatto col Redentore quando questi giunge per essere battezzato: “Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?” (Mt 3, 14). Il discernimento di chi è l’Agnello di Dio è esattamente l’anello di congiunzione tra l’Antico e il Nuovo Testamento, ed è in quell’istante che si è prodotta la scintilla dell’unione tra l’uno e l’altro.
Chi era, dunque, quest’uomo?
21 Allora gli chiesero: “Chi sei, dunque? Sei tu Elia?” “Non lo sono”, disse. “Sei tu il profeta?” “No”, rispose.
Gli inviati di Gerusalemme ritenevano che San Giovanni si sarebbe presentato come il Messia, ma la sua prima risposta li lasciò disarmati. E proseguirono con nuove domande. La notorietà del Precursore era tale che i sacerdoti e i leviti si erano riproposti di indagare se egli fosse Elia o no. E lo facevano con una certa paura, perché Elia era l’uomo che aveva fatto aprire la terra, cadere fuoco dal cielo, fermare la pioggia (cfr. Sir 48, 3), ecc. Così, alla sua negazione deve essere seguito un sollievo immediato, che non tardò a esser soffocato da una crescente insicurezza, perché Giovanni era già una figura mitica, un uomo che suscitava stupore e, sicuramente, aveva una voce forte e sicura. Poteva essere che fosse il Profeta; in questo caso, venivano a chiedere un segnale, secondo il costume giudaico. Egli non era il Profeta per eccellenza, cioè, Nostro Signore Gesù Cristo, ma certamente un profeta.
San Giovanni non si piega agli interessi del male
22 Gli dissero allora: “Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?”
Le risposte del Precursore mostrarono agli emissari che con lui non valeva la pena perder tempo in trattative diplomatiche, visto che non sarebbe stato facile iniziare un’amicizia allo scopo di reclutarlo nel loro partito. Avrebbero voluto che San Giovanni si fosse dichiarato il Messia, cosa che sarebbe servita da pretesto per invitarlo a far parte del Sinedrio. Se egli fosse stato un politico astuto, avrebbe fatto una carriera brillante con l’appoggio delle autorità che avrebbero promosso una forte propaganda a suo favore e gli avrebbero dato il denaro e il prestigio necessari a renderlo l’uomo più benvoluto ed elogiato di tutta la nazione. Ora, se non era il Messia, né Elia né il Profeta, chi era insomma? Essi quasi supplicano una definizione, poiché dovevano portare qualche informazione che consentisse che la loro missione non fosse giudicata un fallimento. Ma compresero che sarebbero partiti a mani vuote, con le conseguenze che questo avrebbe loro arrecato una volta che si fossero presentati davanti ai loro capi.
Dichiarazione del Precursore e richiamo alla conversione
23 Rispose: “Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaia”.
Se le prime parole del Precursore li lasciarono disorientati, queste, senza dubbio, intensificarono il turbamento. Essi già temevano in quanto la figura di Giovanni Battista aveva avuto risonanza in Israele, provocando una grande commozione nell’opinione pubblica. Le moltitudini venivano ad ascoltare la predicazione di San Giovanni e a ricevere il battesimo, e poi si emendavano. Era la grazia dello Spirito Santo che muoveva le anime. Inoltre, i farisei conoscevano la Scrittura e sapevano il significato dell’oracolo di Isaia (cfr. Is 40, 3) – “io sono la voce che grida nel deserto” –, che indicava con chiarezza che prima dell’apparizione del Messia uno si sarebbe alzato nel deserto per predicare. Nel riferirlo, San Giovanni diceva per così dire, senza che nessuno osasse contraddirlo: “Io sono quello predetto da Isaia!”. E questo Precursore parlava loro anche di conversione: “Preparate la via del Signore”, ossia, “cambiate la vostra mentalità per riceverLo”.
Per i cattivi, era solo l’inizio dell’afflizione…
24 Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. 25 Essi lo interrogarono e gli dissero: “Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il Profeta?” 26 Giovanni rispose loro: “Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, 27 Colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo”. 28 Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.
Sempre preoccupati dei rituali esteriori, i farisei si informarono riguardo al battesimo di Giovanni, sapendo che un bagno purificatore era stato predetto da vari profeti (cfr. Is 1, 16; Ez 36, 25; Zc 13, 1). Che il Messia, Elia o il Profeta “istituissero riti nuovi, non era nulla di particolare; come inviati di Dio, potevano agire conforme ai loro ordini”.8 Ma se San Giovanni non lo era, perché battezzava? E, nuovamente, la risposta del Precursore causò perplessità nei membri del gruppo, poiché non se l’aspettavano! È lo Spirito Santo che parla attraverso le labbra e la voce di San Giovanni Battista, per fare il bene ai farisei. Essi pensavano che San Giovanni avrebbe dato una spiegazione giustificando, con principi, il battesimo da lui amministrato. Invece, con sorpresa di tutti, egli quasi sminuisce il proprio battesimo, dicendo: Che male c’è a battezzare con acqua? Allora, San Giovanni Battista si dichiara Precursore di uno più grande e annuncia che il Messia è tra loro, perché Lo aveva già battezzato. La cosa curiosa è che avrebbero potuto chiedere chi fosse questo altro, ma non lo fecero. I farisei hanno paura, perché se Lui si fosse loro mostrato, avrebbero dovuto cambiare vita. Con un Precursore così esigente, come sarebbe stato Colui di cui non meritava nemmeno di sciogliere i legacci dei sandali?
Il risultato fu una grande insicurezza. Questo “in mezzo a voi” li infastidiva enormemente, perché significava che tra loro si trovava uno che era più grande di quello che stava mettendo in agitazione il paese. Israele era percorso e penetrato da uno spirito nuovo, che lasciava tutti nell’attesa. Le persone si convertivano, piangevano i loro peccati, si battevano il petto e… si dimenticavano dei farisei, dei sadducei e degli scribi. In una parola, quest’uomo confondeva, perché predicava una conversione. Tuttavia, sopra di lui stava quell’Altro che è un Signore fuori del comune, di cui San Giovanni Battista diceva di non esser degno di essergli servo. Era “in mezzo a loro”, e loro non Lo conoscevano… E rimasero turbati, mentre cresceva la loro perplessità, perché capivano che l’immenso sconvolgimento causato nella loro comoda situazione dal Precursore non era che un semplice tremito, rispetto al terremoto che egli annunciava…
III – Non lasciamoci ingannare dall’apparente gioia del peccato!
In modo del tutto differente dall’incondizionata gioia che la venuta del Redentore avrebbe dovuto portare, ecco la correlazione tra giubilo e tristezza, euforia e sofferenza, evocata dal Vangelo di questa 3a Domenica di Avvento. Mentre i buoni sono assistiti dalla gioia della speranza, come accadde a San Giovanni Battista e a quelli che si convertirono di fronte alla prospettiva della comparsa del Messia, c’è nell’anima dei cattivi tristezza e insoddisfazione. Tocca al buono saper interpretare la frustrazione di chi vive nel peccato e non pensare che esso abbia successo. Quando, nella seconda lettura (I Ts 5, 16-24), San Paolo esorta “Siate sempre lieti!” (I Ts 5, 16), desidera mostrare che chi si unisce a Dio, pratica la virtù e segue il buon cammino, non può in alcun modo lasciarsi prendere dalla cattiva tristezza.
La Domenica della Gioia ci rivela una divisione chiarissima che caratterizza l’umanità: i buoni sono sempre lieti e i cattivi, per quanto cerchino di simulare gioia, vivono nella tristezza. Coloro che sono legati a Dio hanno la contentezza, la sicurezza e la felicità che manca a chi si attacca alle cose materiali e gli dà le spalle. Entrambi vivono insieme, ma nel momento in cui l’uomo che ha riposto la sua speranza nel mondo e nel peccato vede la gioia vera manifestata dal buono, o si converte o vuole ucciderlo, proprio come fecero a Nostro Signore Gesù Cristo.
Chiediamo, in questa Liturgia, la grazia di vivere nella gioia della virtù, come segno della nostra intera adesione al Salvatore che tra poco arriverà!
1) TERZA DOMENICA DI AVVENTO. Preghiera Colletta. In: MESSALE ROMANO. Riformato a norma dei decreti del Concilio Ecumenico Vaticano II e promulgato dal Papa Paolo VI. Città del Vaticano: L. E. Vaticana, 1983, p.19.
2) Cfr. SAN TOMMASO D’AQUINO. Somma Teologica. I-II, q.70, a.3.
3) SAN TOMMASO D’AQUINO. Super Ioannem. C.I, lect.4.
4) Cfr. TUYA, OP, Manuel de. Biblia Comentada. Evangelios. Madrid: BAC, 1964, v.V, p.972-973.
5) RICCIOTTI, Giuseppe. Vita di Gesù Cristo. 14.ed. Città del Vaticano: T. Poliglotta Vaticana, 1941, p.307-308.
6) SAN TOMMASO D’AQUINO. Super Ioannem. C.I, lect.12.
7) SAN GIOVANNI CRISOSTOMO. Omelia XVI, n.2. In: Homilías sobre el Evangelio de San Juan (1-29). 2.ed. Madrid: Ciudad Nueva, 2001, v.I, p.205.
8) TUYA, op. cit., p.977.
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