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Seconda Domenica dopo Natale.


Nascita di Gesù

Vangelo di Natale


1 In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. 2 Egli era in principio presso Dio: 3 tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste. 4 In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; 5 la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. 6 Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni. 7 Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. 8 Egli non era la luce, ma doveva render testimonianza alla luce. 9 Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. 10 Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe. 11 Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto. 12 A quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, 13 i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. 14 E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità. 15 Giovanni gli rende testimonianza e grida: “Ecco l’uomo di cui io dissi: Colui che viene dopo di me mi è passato avanti, perché era prima di me”. 16 Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia. 17 Perché la legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. 18 Dio nessuno l’ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato (Gv 1, 1-18).


“Sareste come Dio”


Quali conseguenze porta per il mondo e per ognuno di noi, questo Bambino che contempliamo in una mangiatoia? Tra le altre, quella di collocarci di fronte ad un’ alternativa: o ci lasciamo deificare da Lui, oppure tentiamo orgogliosamente di sederci sul trono di Dio con le nostre stesse forze.


I – “Oggi vi è nato un Salvatore”


In mezzo alla penombra, provoca una certa pena considerare la povertà nella quale riposa un bellissimo Bambino. La sua culla non è altro che una semplice e rustica mangiatoia, consumata dal prolungato uso di innumerevoli animali. Della semplice paglia funge da materasso, un complemento dell’umile fascia che Lo avvolge. È una notte di inverno e lì si trovano un bue e un asino per riscaldarLo, poiché il recinto, costituito da pietre grezze, mantiene il freddo e l’umidità propria di questa stagione dell’anno. Se, visitando un palazzo, ci si presentasse una scena analoga, essa ci sembrerebbe aberrante; dunque, la realtà è ancora più scioccante, perchè si svolge in un’agreste, inospitale e isolata grotta. Ma chi è questo Bambino nato in condizioni, così, tanto miserevoli? Per saperlo con sicurezza, basterebbe che ci allontanassimo da questa grotta e percorressimo per un po’ le colline di Betlemme, dove incontreremmo dei pastori esultanti di gioia, giustamente alla ricerca di questo Bambino. Tra molteplici ed emozionate esclamazioni, essi ci direbbero: “Ci è apparso un Angelo tutto rifulgente di gloria, che avvicinandosi, ci ha avvolti dello stesso suo splendore. Abbiamo avuto una grande paura, ma egli ci ha tranquillizzati affermando che veniva a farci visita per trasmetterci una notizia sorprendente: Nella notte di oggi è nato qui vicino, nella città di Davide, un Salvatore. Egli è Cristo Signore”. L’Angelo ci ha detto che il segnale per riconoscere il Bambino sarà quello di trovarLo avvolto in fasce e posto in una mangiatoia. Subito dopo aver detto ciò l’Angelo è salito e si è unito a molti e molti altri, cantando in un magnifico coro: ‘Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama’. Per questo stiamo andando verso Betlemme per vedere quello che è accaduto” (1)


Allora potremmo giungere alla grotta ad adorare il Signore, il Re, Cristo Gesù. Lì incontreremo nuovamente Maria e Giuseppe, silenziosi e compenetrati di indicibile pietà, devozione, estasi e tenerezza. Con l’immaginazione inginocchiamoci dunque anche noi e lasciamoci avvolgere da quest’atmosfera di grazie e benedizioni provenienti da Gesù Bambino. Contempliamo la sua fisionomia interamente permeata di pace, serenità e splendore. Il suo sorriso è accattivante e il suo sguardo pieno di saggezza. Egli è assolutamente speciale. La sua pelle è incomparabilmente più liscia del marmo e più morbida dell’ermellino. La sua costituzione fisica è perfetta, le mani, le braccine, le gambe, i piedini formano la più bella opera d’arte mai vista. Tutto in Lui è talmente ben proporzionato che neppure l’intelligenza angelica sarebbe capace di immaginarLo. Egli muove le sue membra con tanta eleganza, distinzione e nobiltà che, a volte, ci dimentichiamo che si tratta di un bambino. Ci richiama all’attenzione la sua enorme somiglianza con la Madre. A questo punto della nostra contemplativa ammirazione, tutti gli aspetti di povertà e miseria svaniscono dal nostro orizzonte. Osserviamo ora colui che tanto è stato atteso dai Patriarchi, dai Profeti e dai Re, Colui che, molto prima di nascere, era già stato annunciato come Emanuele, “Dio con noi” (Is 7, 14), “Consigliere ammirevole, Dio forte, Padre eterno, Principe di pace” (Is 9,5). In Lui si concentra un altissimo mistero di saggezza e misericordia, congiunto con la più alta e inattesa glorificazione della natura umana. E ricordiamoci le parole di Isaia: “Ecco che una Vergine concepirà e darà alla luce un figlio…” (Is 7, 14). Secoli più tardi, su questa nascita, commenterà San Bernardo: “Conveniva a Dio nascere da una Vergine, e una Vergine soltanto poteva concepire un Dio”. (2)



Angelo dell’Anuncio

II – L’uomo arde per la sete di infinito


Il Natale é una poderosa lezione per noi, in quest’inizio di millennio tutto percorso dall’egualitarismo. Dalla cacciata dei nostri progenitori dal Paradiso, l’orgoglio umano – vizio infido e insaziabile, parallelo al non serviam di Lucifero – ha sempre avuto difficoltà a tollerare un’autorità sopra di sé. Quando è consentito tutto, l’orgoglio porta la sua vittima, di primo acchito, a desiderare un’assoluta uguaglianza nella distribuzione dei beni, condizioni di esistenza, doni, ecc. Astutamente nasconde dietro di sé il desiderio di essere dio, re della creazione e di disporre di questa a proprio piacimento. Per questo l’uomo orgoglioso cerca instancabilmente il dominio su tutti gli esseri che lo circondano.


Il delirio di essere uguali a Dio, radice della rovina umana


Questa ambizione insensata, ripercuotendo il grido di rivolta nel Cielo Empireo, è stata la causa del primo peccato sulla terra. Il serpente non ha trovato miglior argomento per condurre Eva alla disobbedienza che il prometterle l’uguaglianza con Dio: “E sarete come dei…”(Gn 3,5). Attratta da una così grande promessa, Eva non ha esitato. Si capisce, dal racconto della Genesi, che dentro l’anima ancora innocente della madre del genere umano, il sogno di essere “come dio” ha risvegliato un forte appetito. Ecco dunque la recondita origine della nostra discesa su questa terra di esilio.


Non ha tardato molto Dio a vedere “che la malvagità degli uomini sulla terra era grande e che tutte le aspirazioni dei pensieri del loro cuore erano continuamente rivolte verso il male” (Gn 6,5). Il diluvio non ha corretto l’umanità: in poco tempo, l’uomo ha voluto costruire una torre che arrivasse al cielo (3). Neppure il castigo della confusione delle lingue è stato sufficiente a cauterizzare il delirio di essere uguale a Dio: Tanto a Roma, quanto nella Persia, come nella Siria, non sono mancati tiranni che si facevano adorare e facevano costruire templi per obbligare i loro simili a prestar loro culto di latria. Se il tempo e lo spazio ce lo permettessero, potremmo enumerare, per pagine e pagine, le insensatezze commesse dagli uomini nel corso della Storia, alla ricerca di questa usurpazione del trono di Dio. Non è necessario risalire a un passato lontano per analizzare questa insensata tendenza. Basta leggere i giornali o le riviste, accendere la TV o la radio, o entrare in qualche locale dei nostri giorni per renderci conto di una delle principali cause della irreligiosità odierna. Gli uomini vivono come se Dio non esistesse; predonima l’ateismo sulla faccia della terra. Sebbene sia poca la gente che afferma di non credere in Dio, l’esistenza di Lui viene negata – attraverso il sistema di vita, il modo d’essere e i costumi –. Si è perso il senso del ridicolo per quanto riguarda l’autoelogio. Dove si trova qualcuno che parli soltanto raramente di sé? La egolatria ha attinto estremi inimmaginabili: la ripetizione dell’”io…io…io…” è il centro di tutte le conversazioni e preoccupazioni. Assistiamo con le mani legate alla sepoltura di ogni e qualsiasi idealismo, di ogni più alto valore. Quella stessa frustrazione che si era generalizzata in occasione del diluvio o dopo il crollo della non riuscita Torre di Babele, oggi percorre l’umanità di questo terzo millennio, portando a pronosticare che, per esempio, la depressione nervosa diventerà la malattia più comune entro breve tempo. Si constaterà negli annali della Storia che tutti i mali della nostra attuale esistenza si devono al fatto che gli uomini non hanno voluto piegare le ginocchia davanti a Dio, per il fatto di aver desiderato ardentemente di occupare il suo trono.


C’è un modo di placare la nostra sete di infinito


Per estirpare alla radice i peccati che oggi si commettono dappertutto, basterebbe che le anime diventassero ricettive riguardo il messaggio che, da dentro la paglia del Presepio, ci porta il Bambino-Dio. L’ardente sete d’infinito bruscia dentro di noi, ma non c’è per noi riposo vero fuori di Dio, come affermava Sant’Agostino. Fu proprio Lui a creare questa brama, per facilitarci la ricerca dell’Assoluto. Nel frattempo, non riusciremo mai ad attingere questa pienezza, a cui tanto fortemente aspiriamo, se facciamo conto esclusivamente sulle nostre forze. È un paradosso, direbbe qualcuno. Perché Dio avrà voluto accendere fiamme di desideri irrealizzabili nei nostri poveri cuori, dato che non abbiamo mezzi per realizzarli? Si tratterà forse di un’attitudine poco o niente affatto paterna da parte Sua? Mai! Dio è la Bontà nella sua essenza. Egli desidera molto farci “dei”… non attraverso un’orgogliosa ed egualitaria rivoluzione da parte nostra, ma per mezzo dell’umiltà, della sottomissione e dell’amore. Questa diffusione esuberante del bene, noi la constatiamo persino nella stessa opera della creazione. Il sole non si stanca di inviarci il suo calore, le acque di fornirci i pesci, la terra i suoi frutti, ecc. Sempre in forma sovrabbondante. Sono esseri minerali, vegetali, animali che, se potessero provare la felicità, esulterebbero di mettersi al servizio degli uomini. Questo non è se non un pallido riflesso dell’infinita bontà del Creatore, che, per riscattarci dal peccato e riconciliarci con Lui, ha deciso che il suo Verbo si sarebbe incarnato, dedicando la sua vita fino all’ultima goccia di sangue: “E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1, 14). Ecco la soluzione di un problema millenario. Dio realizza quello che con le nostre semplici forze sarebbe impossibile. Non potremmo mai uguagliarci a Dio con i nostri soli mezzi, per questo Lui stesso si riveste della nostra carne e nasce Divino Infante: Dio è Uomo e, in Lui, l’uomo è Dio! È questo “O magnum mysterium” che i cori cantano nella notte di Natale:


O magnum mysterium, et admirabile sacramentum, ut animalia viderunt Dominum natum, jacentem in praesepio: Beata Virgo, cujus viscera meruerunt portare Dominum Jesum Christum. Alleluia.


O grande mistero e mirabile sacramento, non appena gli animali hanno visto il Signore nato, giacente nel presepio: Beata Vergine, le cui viscere hanno meritato di portare il Signore Gesù Cristo. Alleluia. Tanto straordinaria è la grandezza di questo avvenimento che costituisce uno dei principali misteri della nostra fede.


Il potere di renderci figli di Dio



Battesimo

Questa meraviglia non produce i suoi effetti solo nei ristretti limiti della mangiatoia o della grotta di Betlemme, essi arrivano fino a noi. Entriamo in qualunque chiesa e avviciniamoci al Battistero. Lì si troverà, probabilmente, un bambino che aspetta il miracoloso momento di rinascere attraverso l’acqua. Il peccato e le tenebre sono la sua eredità, la maledizione di Dio lo accompagna. Nel momento in cui gli si amministra il Sacramento, la grazia lo pervade per intero, le virtù e i doni si insediano nella sua anima ed egli, che fino a quel momento era semplice creatura, diventa figlio di Dio, tabernacolo vivo della Santissima Trinità, erede del Cielo. In una parola, egli è divinizzato: “Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia. Perché la legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo” (Gv 1, 16-17). Ma fino a dove arriva questa “pienezza di grazia”? Il Vangelo di oggi ci risponde: “A quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati” (Gv 1, 12-13). Il rinomato teologo del secolo scorso, Frate Antonio Royo Marín OP, così si esprime su questo argomento: “In virtù di questo innesto divino, l’anima diventa partecipe della stessa vita di Dio. Si tratta di una vera generazione spirituale, una nascita soprannaturale che imita la generazione naturale, e ricorda, per analogia, la generazione eterna del Verbo di Dio. In una parola: come dice espressamente l’evangelista San Giovanni, la grazia santificante non ci dà solo il diritto di chiamarci ‘figli di Dio’, ma in realtà ci rende tali: ‘Considerate con quale amore ci ha amati il Padre, affinché noi possiamo essere chiamati figli di Dio. E noi lo siamo per davvero’ (Gv 3,1). Ineffabile meraviglia che sembrerebbe incredibile se non consistesse in termini espliciti nella divina rivelazione!” (4)


Egli si è fatto uguale a noi per renderci uguale a Lui


Ampliando ancor più l’argomento, il menzionato teologo, di compianta memoria, arriva ad affermare: “La dignità di un’anima in grazia è tanto grande che davanti a lei svaniscono come fumo tutte le grandezze della terra. Che significa essere nobile o re davanti ad un mendicante coperto di stracci, ma che custodisce nella sua anima l’infinito tesoro della grazia santificante? Tutte le grandezze della terra non sono che una miseria e un nulla, dato che presto termineranno con la morte. La grandezza di un’anima in grazia, al contrario, oltrepassa infinitamente le frontiere del tempo e la sfera di tutto l’universo creato, per raggiungere col suo volo d’aquila lo stesso Dio nella sua stessa ragione di divinità, ossia, diventando simile a Lui Tale come è in Se stesso. Per questo, una pur mínima partecipazione della grazia santificante vale infinitamente di più della creazione universale intera, ossia, di tutto l’insieme di esseri creati da Dio che sono esistiti, esistono o esisteranno fino alla fine dei secoli. “San Tommaso non vacilla quando scrive: ‘Il bene soprannaturale di un solo individuo supera e sta al di sopra del bene naturale di tutto l’universo.:’ ‘Bonum gratiae unius maius est quam bonum naturae totus universi’ (I-II, 113, 9 ad 2)” (5). Egli si è fatto uno di noi, uguale a noi, affinché potessimo essere di Lui, uguali a Lui. È possibile dare alla creatura umana un bene maggiore? No, evidentemente. Per questo dobbiamo intraprendere ogni e qualsiasi sforzo per evitare una rivolta contro il Bambino che adoriamo nella notte di Natale. È indispensabile, entro i limiti di una santa reciprocità, che ci affidiamo interamente a Lui. Accettiamo con entusiasmo l’invito che Egli ci fa, amiamo la perfezione, abbracciamo la strada qui indicata e siamo tali come Lui è. Possiamo, così, godere della felicità eterna.


Spetta a noi scegliere: per Cristo o contro Cristo


Presentazione del Bambino Gesù nel Tempio

Intanto, per quanto incredibile possa sembrare, quest’invito è stato, è e sarà rifiutato da molti, che saranno condotti alla perdizione. Tuttavia, per la sua accettazione, un gran numero raggiungerà, in gloria, la resurrezione: “Questo Bambino è posto a rovina e a resurrezione di molti in Israele, e per essere segno di contraddizione”(Lc 2, 34). Come si potrebbe spiegare un così immenso paradosso? Questo Bambino dirà più tardi, nel corso della sua vita pubblica, che è venuto per salvarci (6). Perché allora il vecchio Simeone ha profetizzato che Egli sarebbe stato un “segno di contraddizione?”


Non è molto difficile chiarire questa perplessità se ci soffermiamo sull’affermazione di Gesù nel Vangelo: “Chi non è con me è contro di me”. (Lc 11, 23). C’è qui un chiaro riferimento ai due unici partiti esistenti al mondo: quelli che sono con Cristo e i contrari a Cristo. Egli non ci parla di una terza posizione: “non datur tertius”. O si è per Cristo, o contro Cristo. Prima dell’incarnazione del Verbo, ancora non c’era stata una chiara manifestazione della Verità, del Bene e del Bello in forma indiscutibile. A partire dalla Nascita a Betlemme, è stata distrutta la possibilità dell’indifferenza di fronte a Dio, poché lì si trovava lo stesso Dio fatto Uomo. Davanti a tale splendore, o noi ci diamo anima e corpo, o abbracceremo l’opposto. Infatti, non voler essere divinizzato con l’aiuto della grazia, lasciarsi condurre dal godimento piacevole e passeggero del peccato, fissandosi stabilmente su questa via, significa diventare nemico di Cristo.


La rinuncia a essere dio, nessuno la fa. Alcuni sono del partito di Cristo e amano, nell’umiltà della loro contingenza, questa divinizzazione. Altri ambiscono a raggiungerla con le proprie forze e vogliono riuscirci, nella loro orgogliosa pretesa, giudicandosi in evoluzione verso una trasformazione in esseri necessari e assoluti. In questo mondo di oggi, nel quale è grande la diffusione dei vizi, crimini e peccati, noi ci chiediamo: chi sarà integralmente di Cristo?


Questa domanda ha tutte le sue ragioni, una volta che il Vangelo di oggi ci dice: “Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto” (v.11). Il mondo di oggi riceverà questo Bambino, che è sostanzialmente l’Innocenza, la Purezza em la Rettitudine? Riceverlo significa aderire a Lui, comprendendoLo nell’amore e nella pratica della Legge, perché non basta dire “Signore”, è necessario fare la volontà del Padre (7). Ora, l’orgoglio e la sensualità, che in un vero e proprio processo stanno corrodendo l’umanità da secoli, stanno producendo i loro più amari e malefici frutti in un mondo che assiste istupidito e indifferente alla sparizione della famiglia, dell’innocenza, della castità e di tante altre virtù. I peggiori orrori morali stanno per essere ufficializzati da una crescente catena di governi. La Legge di Dio sta per essere contestata e sostituita da decreti umani atei, relativisti e illeciti. Le mode, in un affanno irrefrenabile di attingere il sognato nudismo, preferiscono oggi il lacero, l’eccentrico e lo sporco reale o apparente. La bruttezza ruba il posto alla bellezza, la cattiveria espelle la dolcezza della convivenza sociale, la bugia si insuperbisce e disprezza la verità. Si può affermare che questo mondo riceve Gesù? Sarebbe sensato se il mondo attuale interrogasse la Storia per sapere come Dio si comporta con i suoi nemici, con quelli che abusano della sua misericordia ribellandosi contro i suoi precetti. Già all’inizio della creazione vediamo il destino di Lucifero e dei suoi seguaci, o le amare conseguenze della disobbedienza dei nostri progenitori. La Scrittura ci dice che Dio comincia col ridere di quelli che Lo affrontano e finisce col condannarli (8).


III – Gesù ha come fine la salvezza di tutti


Chi, pertanto, riceverà questo Bambino che nasce nella notte di oggi? I giusti, uomini e donne, che si mantengono fedeli alla Legge, amanti della Verità, del Bene e del Bello, coloro che non piegano le loro ginocchia davanti a Baal. Quanti saranno costoro? Non importa il loro numero. Saranno pochi o saranno molti, verrà un giorno in cui assisteranno al trionfo di Gesù nella “sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità(v.14).


Egli non desidera la condanna di nessuno. Fin dalla sua Incarnazione sempre ha avuto come fine la salvezza di tutti, e questa è la sua disposizione nella Mangiatoia. È la malizia degli uomini che Lo porterà a gemere nell’Orto degli Ulivi, come a chiederSi: “Quae utilitas in sanguine meo?” È ilcattivo uso che noi facciamo del nostro libero arbitrio che ci getta nell’infelicità eterna.


Così, “a tutti coloro che Lo hanno accolto, a quelli che credono nel suo nome, ha dato il potere di diventare figli di Dio” (v.12). Questo sarà il vero senso delle parole pronunciate dalla Madonna a Fatima: “Alla fine, il mio Cuore Immacolato trionferà”.


1) Cfr. Lc 2, 8-15.


2) Serm. II de Avvento.


3) Cfr. Gn 11, 4-9.


4) Siamo figli di Dio, BAC, Madrid,


1977, p.21.


5) Id., pag.18.


6) Cfr. Gv 12, 46-47.


7) Cfr Mt 7, 21.


8) Cfr Sl 2


Estratto dalla collezione “L’inedito sui Vangeli” da Mons. João Scognamiglio Clá Dias, EP.

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