Vangelo
In quel tempo disse Gesù ai suoi discepoli: 12 “Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. 13 Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da Sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future. 14 Egli Mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l’annunzierà. 15 Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà del mio e ve l’annunzierà” (Gv 16, 12-15).
Apparteniamo alla Famiglia di Dio!
Constatando l’insufficienza dell’intelligenza umana rispetto ai più grandi misteri della nostra Fede, dobbiamo un tributo d’amore e gratitudine a Dio Uno e Trino, che ci offre un dono infinitamente al di sopra della nostra natura e dei nostri meriti.
I – Uno dei più grandi misteri della nostra Fede
Una pietosa tradizione narra che il grande Sant’Agostino essendo molto impegnato a cercare di comprendere la Santissima Trinità, un giorno sognò di aver visto sulla spiaggia un bambino che svuotava secchi e secchi di acqua di mare in una buca nella sabbia. Incuriosito, gli si avvicinò e chiese:
– Che fai qui, giovanotto?
– Tento di mettere tutta l’acqua del mare in questa buca nella sabbia.
– Ma non vedi che è impossibile? – gli chiese il Santo.
– Sappi, Agostino, che è più facile trasferire qui tutta l’acqua del mare che per te comprendere il mistero della Santissima Trinità. La saggia risposta fece sì che il Dottore della Grazia si rendesse conto dell’insufficienza dell’intelligenza umana, pur così brillante come la sua, rispetto ad uno dei misteri centrali della nostra Fede.
Irraggiungibile dalla semplice ragione naturale
Nelle lezioni di catechismo, impariamo una formula straordinariamente semplice e breve: “Un unico Dio in tre persone”. Essa ci è molto familiare e possiamo impararla a memoria con facilità, ma non riusciremo mai a penetrare nel suo significato senza l’aiuto della Fede. Per questo, Sant’Agostino ci consiglia: “Se desideriamo comprendere, quanto più ci è possibile, l’eternità, l’uguaglianza e l’unità di Dio uno e trino, dobbiamo credere prima di intendere”.1
Fin dall’eternità, conoscendo Se stesso nello specchio purissimo della sua essenza, il Padre genera il Figlio – il Verbo, la Parola viva e sostanziale –, che è la Seconda Persona. Vedendo l’essenza divina del suo Verbo, il Padre Lo ama illimitatamente. Il Verbo, afferma padre Royo Marín, “restituisce a suo Padre un amore simile, ugualmente eterno e infinito. Dall’incontro della corrente impetuosa d’amore che scaturisce dal Padre con quella che scaturisce dal Figlio, balza, per così dire, un torrente di fiamme, che è lo Spirito Santo”.2
Questo insondabile mistero della vita ad intra di Dio, basata sull’amore, si è reso conoscibile soltanto con la Rivelazione. Per l’intelligenza umana risulta impossibile intenderlo, poiché non c’è nulla nell’ordine della creazione che possa darne un’idea esplicita. “È impossibile giungere alla conoscenza della Trinità delle Persone divine con la ragione naturale”, afferma San Tommaso.3 Subito dopo, chiarisce che ci è possibile conoscere di Dio, per mero raziocinio, “quello che appartiene all’unità dell’essenza, non alla distinzione delle Persone”.4
Talmente ineffabile è il mistero della Santissima Trinità che Sant’Antonio Maria Claret, dopo aver cercato di descriverlo, afferma: “Questo vi sembrerà incomprensibile, non c’è dubbio. Se potessimo comprenderlo alla perfezione, o saremmo questo Dio, oppure Colui la cui natura dichiarassimo come è in sé, non lo sarebbe. Cosa avrebbe di prezioso la Divinità incomprensibile – chiede Eusebio di Cesarea – se la sapienza umana potesse comprendere quel Signore che abita nell’alto dei Cieli, al quale le nuvole servono da paralume e che è infinitamente superiore a tutta la scienza degli uomini?”.5
Lo Spirito sonda tutto
L’incapacità del nostro intelletto di svelare i misteri della Fede non deve sorprenderci quando, anche sul piano materiale, continuiamo a non conoscere la spiegazione di molti fenomeni naturali che i nostri sensi captano e le cui cause potremmo dedurre con l’applicazione del nostro intendimento.
Alcuni misteri, come quello dell’Incarnazione, sembrano più alla nostra portata, perché in essi troviamo un Dio che Si è fatto Uomo, rendendoSi percepibile ai nostri sensi. Ma, tanto quello dell’Incarnazione come quello della Santissima Trinità e gli altri misteri della nostra Fede sono stati tenuti nascosti ai sapienti e rivelati ai piccoli (cfr. Mt 11, 25) con l’azione dello Spirito Santo che “tutto scruta, anche le profondità di Dio” (I Cor 2, 10). È dalla focosa penna dell’Apostolo, che abbiamo conoscenza di come “l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo, che ci è stato dato” (Rm 5, 5).
La grande e virtuosa Santa Maria Maddalena de Pazzi, disse in un’occasione: “Ho visto un ospite divino seduto su un trono”.6
Il celebre padre Plus ci rende ancora più esplicito chi è questo Divino Ospite: “Questo Ospite, il più nobile e degno di tutti è lo Spirito Santo che, con l’agilità della sua bontà e del suo amore per noi, Si infonde rapidamente in tutte le anime disposte a riceverlo. Chi potrebbe enunciare i meravigliosi effetti che Egli produce ovunque sia ricevuto! Parla senza pronunciare parole, e tutti ascoltano il suo silenzio divino. È sempre immobile e sempre in movimento, e la sua immobilità mobile si comunica a tutti. Rimane sempre a riposo, tuttavia agisce sempre; nel suo riposo realizza le più degne e mirabili opere. Sempre in movimento, senza mai cambiare di posto, conferma e allo stesso tempo distrugge tutto ciò in cui penetra. La sua immensa e penetrante scienza conosce tutto, ascolta tutto, e tutto scopre. Senza necessità di stare attento, ascolta la minima parola detta nel più profondo del cuore”.7
Ci ha detto inoltre padre Faber: “Lo Spirito Santo parla più di Gesù […], prende maggiore iniziativa; sembra dire di più, sembra che la passione del suo interesse per i peccatori, Egli ce l’abbia molto di più per il santo”.8
È lo Spirito che ci fa comprendere – a volte a tentoni (cfr. At 17, 27), come se ci muovessimo al buio – gli insegnamenti rivelati dalla Parola della verità. È per un dono del Paraclito che li andiamo un po’ alla volta conoscendo e ci facciamo una nozione sempre meno imprecisa riguardo la Santissima Trinità. Per questo preghiamo nella Colletta: “O Dio Padre, che hai mandato nel mondo il tuo Figlio, Parola de Verità, e lo Spirito santificatore per rivelare agli uomini il mistero della tua vita, fa’ che nella professione della vera fede riconosciamo la gloria della Trinità e adoriamo l’unico Dio in tre persone”.9
Mistero con il quale conviviamo quotidianamente
Già negli scritti apostolici, troviamo formulazioni che affermano il credere nella Trinità. Tra questi spicca la conclusione della Lettera ai Corinzi, che ha ispirato il saluto iniziale della Santa Messa: “La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi” (II Cor 13, 13). Nel corso dei secoli è stata la Chiesa che ha esplicitato la sua Fede trinitaria, definendo verità ad opera dei Concili, col contributo dei Padri della Chiesa e del sensus fidei del popolo cristiano.
Oggi, possiamo constatare la naturalezza con cui, per una meravigliosa azione della grazia nelle anime, il fedele convive quotidianamente con uno dei principali misteri della nostra Fede. Molte volte al giorno ci facciamo il segno della croce “nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo” e la maggior parte delle nostre preghiere terminano glorificando la Santissima Trinità. In qualsiasi atto liturgico o pietoso, Essa è onorata senza che, la maggior parte delle volte, i presenti si soffermino a pensare alla grandezza di questo mistero.
La Liturgia di questa Solennità – la cui commemorazione è stata estesa da Giovanni XXII, nel 1334, a tutta la Chiesa Latina – vuole precisamente incrementare la nostra devozione a Dio uno e, allo stesso tempo, Trinità consustanziale e indivisibile.
II – Gesù annuncia il Paraclito
Il brano del Vangelo di San Giovanni oggi contemplato, fa parte del racconto dell’Ultima Cena. Precede la Preghiera Sacerdotale e fa seguito all’episodio della lavanda dei piedi e a diverse affermazioni misteriose del Signore che erano parse incomprensibili agli Apostoli, come l’annuncio del tradimento di Giuda, della negazione di Pietro prima che il gallo cantasse, o ancora della sua imminente partenza: “Dove vado Io, voi non potete venire” (Gv 13, 33).
Essi erano stupiti ed estremamente perplessi di fronte al grandioso panorama presentato da Gesù, tanto più che le loro vite erano in gioco, poiché pochi istanti prima il Maestro aveva affermato: “Verrà l’ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio” (Gv 16, 2).
“Per il momento non siete capaci di portarne il peso”
12 “Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso”.
Richiama l’attenzione vedere il Maestro per eccellenza, incomparabile pedagogo, dotato di divina didattica, affermare che tacerà determinati insegnamenti perché i suoi, interlocutori non sono capaci di comprenderli.
Si potrebbe anche avere la falsa impressione che, a causa di certe inadeguatezze degli Apostoli, Nostro Signore avesse deciso di tenere per Sè alcune delle dottrine che avrebbero dovuto far parte della Rivelazione e che, pertanto, se i Dodici fossero stati interamente fedeli, Egli avrebbe loro svelato molte altre meraviglie. Affermare questo, però, sarebbe un grave errore, poiché equivarrebbe ad affermare che la sua missione sia rimasta incompleta, non essendo stata raggiunta, con Lui, la pienezza della Rivelazione.
Per comprendere bene questo versetto, dobbiamo considerare la rudezza degli Apostoli, la loro condizione di persone semplici e la sublimità degli insegnamenti che sarebbero stati loro affidati. Tutto questo esigeva, secondo padre Tuya, “una trasformazione radicale che, nel piano del Padre, era riservata alla Pentecoste, come punto iniziale dell’azione dello Spirito su di loro”.10
Avevano bisogno dei doni del Paraclito per comprendere certe verità rivelate che oltrepassano la capacità umana di intendimento. A nulla sarebbe servita, in quel momento, tutta la divina didattica di Cristo, senza esser supportata dall’azione soprannaturale che sarebbe stata loro concessa più avanti. Sebbene lo Spirito Santo “non fosse un miglior maestro rispetto a Gesù, Egli, tuttavia, avrebbe parlato loro in un’occasione migliore”,11 spiega Maldonado.
D’altro canto, le parole di Nostro Signore non autorizzano a dedurre che ci fosse stata una qualche mancanza o infedeltà da parte degli Apostoli. Gesù afferma solo che essi erano incapaci di comprendere, in quel momento, “molte cose” che Lui doveva trasmettere. In questo non c’era nulla di disonorevole, poiché, anche se sono trascorsi ormai due millenni, durante i quali la dottrina cattolica è stata sempre più resa esplicita dal Magistero pontificio, dagli scritti dei dottori o dalla voce dei predicatori, molte delle verità rivelate permangono ancora incomprensibili alla ragione umana, in attesa di un’azione del Paraclito che le chiarisca.
Un’ultima riflessione, utile specialmente per noi sacerdoti. Oltre a riconoscere con umiltà questa limitazione del nostro intelletto, dobbiamo saper applicare, nell’esercizio del nostro ministero, la lezione morale che il Cardinale Gomá trae da questo versetto: “L’intelligenza umana è un contenitore troppo piccolo per ricevere tutta la verità divina. Per questo Dio è misericordioso al punto da discendere fino a noi e darci la verità secondo la misura della nostra capacità. Lo tengano ben presente coloro che insegnano, alle persone, le verità della nostra Religione”.12
“Egli vi condurrà alla piena verità”
13a “Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera…”
Avrebbe dovuto il nostro Redentore partire di lì a poco ed essere seguito dal Paraclito ad aprire le anime dei discepoli alla “piena verità”, cioè a condurli alla conoscenza completa di ciò che fu rivelato. Infatti è compito del Consolatore, come afferma Fillion, terminare l’opera di Gesù, insegnando ai suoi discepoli “la verità cristiana intera e completa in tutta la sua estensione, e senza pericolo che sbagliassero, almeno in ciò che gli fosse necessario per il loro futuro ministero”.13
Nello stesso senso si pronuncia padre Manuel de Tuya, quando afferma: “Il contesto del Vangelo di Giovanni suggerisce che più che a una rivelazione assolutamente nuova di verità, attuata dallo Spirito Santo, si riferisca ad una maggior penetrazione delle verità rivelate da Cristo agli Apostoli”.14
Infatti, nell’era della Nuova Alleanza, lo Spirito Santo non fa che ispirare progressivamente le anime ad intendere meglio la ricchissima dottrina lasciata dal Signore Gesù. Tutto quanto Egli ci ha insegnato sarà passibile di spiegazioni e approfondimenti fino alla fine del mondo e ci saranno sempre nuove perle da scoprire in questo inesauribile tesoro, poiché “sebbene la Rivelazione sia terminata, non è esplicitata completamente; toccherà alla Fede cristiana captare gradualmente tutta la sua portata durante i secoli”.15
In relazione al metodo usato dallo Spirito Paraclito per far meglio penetrare gli Apostoli nelle verità rivelate, Maldonado interpreta nel modo seguente l’espressione “vi condurrà”: “Condurre alla piena verità non significa insegnare in un modo qualsiasi tutta la verità, ma agire in modo che il maestro conduca quasi per mano il discepolo e gli insegni la via della verità più adeguata alla sua intelligenza; ossia, non gli esponga tutte le cose allo stesso tempo o in disordine, mostrando prima il difficile e poi il facile, ma al contrario, proponendo prima il facile e in seguito il difficile, ogni cosa a suo tempo, a seconda dell’impiego e della capacità di chi apprende”.16
Bisogna notare, infine, che quanti non hanno ricevuto il Sacramento del Battesimo non riusciranno mai a raggiungere certe verità della nostra Fede, per quanto grandi siano l’intelligenza e lo sforzo applicati, perché l’anima non ha ricevuto la luce dello Spirito Santo, che rende comprensibile la Parola divina.
Così è accaduto quando Nostro Signore ha rivelato l’Eucaristia: molti dei suoi discepoli Lo abbandonarono per aver interpretato le sue parole in senso letterale (cfr. Gv 6, 48-69); oggi, però, con l’aiuto della grazia del Paraclito, milioni e milioni di fedeli nel mondo intero partecipano alla Celebrazione Eucaristica, mettendosi in ginocchio in adorazione, quando sono pronunciate, nella Consacrazione, le parole che un tempo tanto sconvolsero anche gli Apostoli.
Tre persone identiche e coeterne
13b “…perché non parlerà da Sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito…”
Con Nostro Signore, si è raggiunta la pienezza della Rivelazione. “Cristo, il Figlio di Dio fatto Uomo, è la Parola unica, perfetta e insuperabile del Padre. In Lui il Padre ha detto tutto e non ci sarà altra parola se non questa”.17 Pertanto, non esiste nulla al di fuori del Verbo Incarnato che possa esser trasmesso agli uomini. Dobbiamo interpretare in questo senso il presente versetto, come osserva Lagrange: “Lo Spirito non parlerà da Sé stesso, ossia, non esporrà una sua dottrina: la dottrina non sarà nuova, per lo meno nel senso che non sarà estranea alla Rivelazione già fatta dal Figlio”.18
D’altro canto, è da evitare l’errata conclusione secondo la quale lo Spirito Santo avrebbe avuto bisogno di ascoltare gli insegnamenti di Cristo per poi trasmetterli agli Apostoli, come se Lui fosse in qualche modo inferiore rispetto al Figlio. Essendo le tre Persone identiche e coeterne, sono un solo Dio.
Parlando in termini umani, ciò che “sa” una Persona divina, “lo sanno” anche le altre, o con le parole del Cardinale Gomá: “La scienza delle tre Persone divine è la stessa, infinita; tuttavia, ricevendo lo Spirito Santo la natura del Padre e del Figlio, dai quali procede, riceve anche la scienza, secondo la nostra maniera di parlare”.19
Così, quando il Paraclito dirà agli Apostoli “tutto ciò che avrà udito”, starà rivelando quello che conosce fin dall’eternità, proprio come il Padre e il Figlio.
Il dono di profezia
13c “…e vi annunzierà le cose future”.
Si può interpretare questa affermazione come un ricorso didattico utilizzato dal Signore Gesù per far meglio comprendere, ai suoi ascoltatori, tutta la vastità del potere dello Spirito Santo per condurre le anime alla piena verità. Altri autori, tra i quali Maldonado, preferiscono interpretare questo passo come un desiderio di Gesù di sottolineare la presenza del dono di profezia tra gli altri doni che lo Spirito Santo avrebbe infuso negli Apostoli.20
Infatti se questo dono fu dato alla Sinagoga, a maggior ragione dovrebbe possederlo la Chiesa. È ciò che evidenzia il Cardinale Gomá: “Le funzioni dello Spirito Santo non sono terminate con la morte degli Apostoli; con loro si è conclusa la Rivelazione, ma la Chiesa ha l’assistenza positiva dello Spirito Divino per non errare nella via della verità speculativa e pratica; d’altro lato, non è mai cessato, nella Chiesa, lo spirito di profezia”.21
Ricordiamo anche che profetizzare non significa soltanto, né principalmente, prevedere il futuro; consiste, al contrario, nell’interpretare il presente per saper condurre i fedeli sulle vie della Provvidenza. Questo carisma di discernere i disegni di Dio e guidare i suoi figli, è concesso alla Chiesa in un grado incomparabilmente maggiore di quello che fu dato nell’Antica Legge.
Lo Spirito non è più grande del Figlio
14 “Egli Mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l’annunzierà”.
Tutto quanto si riferisce alla Santissima Trinità rimane avvolto in un velo di mistero. Qual è il significato dell’affermazione fatta dal Divino Maestro: “Prenderà del mio”?
Sotto una prospettiva eminentemente pastorale, il Crisostomo così interpreta: “Affinché nell’udire queste parole, i discepoli non giudicassero che lo Spirito Santo fosse più grande di Lui e cadessero in una maggiore empietà, disse: ‘Prenderà del mio’. Ossia: ‘Ciò che Io ho detto, anche Lui lo dirà’”.22
Didimo, da parte sua, da un punto di vista metafisico, cerca il senso della medesima espressione: “Prendere, qui, secondo la natura divina, deve intendersi nella seguente forma: come il Figlio nel dare non Si priva di quanto dà, né Si pregiudica beneficiando l’altro, così anche lo Spirito Santo non prende ciò che prima non possedeva; poiché se prendesse un dono che non aveva precedentemente, rimarrebbe senza nel trasferirlo ad un altro. È da intender si che lo Spirito Santo riceve dal Figlio quello che costituisce la sua natura, e che non sono due sostanze – una che dà e l’altra che prende – ma una sola sostanza. Allo stesso modo, il Figlio riceve dal Padre la stessa sostanza che sussiste in entrambi: né il Figlio è altra cosa rispetto a tutto quello che prende da suo Padre, né lo Spirito Santo è altra sostanza di quella che prende dal Figlio”.23
Già Maldonado, concordemente a diversi commentatori antichi, cerca di evidenziare la glorificazione che Cristo deve ricevere con la testimonianza che di Lui sarà data dallo Spirito della Verità, e conclude: “Pertanto, la vera interpretazione è: ‘Lo Spirito verrà nel mio nome e insegnerà la mia dottrina, come lascito mio. Per questo, la gloria delle sue opere e magistero abbonderà nella mia gloria’”.24
Il Paraclito trasformerà le nostre anime
15 “Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà del mio e ve l’annunzierà”.
Dopo aver affermato nel versetto precedente che lo Spirito Santo “prenderà del mio”, Gesù ora dichiara: “tutto quello che il Padre possiede è mio”, evidenziando l’unione sostanziale delle tre divine Persone. Come ben afferma Lagrange, “è tale l’unità del Padre e del Figlio che è necessario riconoscere: tutto quanto lo Spirito ha preso dal Padre, Egli lo ha preso anche dal Figlio, perché il Figlio ha tutto quanto il Padre ha. Queste parole sono ciò che il Nuovo Testamento contiene di più espressivo sull’unità di natura e la distinzione di Persone nella Santissima Trinità, e specialmente sulla provenienza dello Spirito Santo”.25
Sulla stessa linea si pronuncia il Cardinale Gomá, affermando che questo versetto è “un modo di manifestare, secondo il raziocinio e le parole dell’uomo, quello che si produce in maniera ineffabile in seno alla Trinità beatissima. Ci basti sapere – per sentire profonda gratitudine al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo – che le tre Persone divine hanno realizzato il mistero della nostra salvezza e santificazione, e che le ispirazioni della grazia, le suggestioni di ordine intellettuale, a cui qui Si riferisce Gesù, si attribuiscono allo Spirito Santo perché è opera d’amore che si attribuisce allo Spirito Santificatore”.26
Così, in tutte le nostre orazioni, soprattutto quando riceviamo la Santa Comunione, chiediamo la grazia di esser interamente docili alle ispirazioni del Paraclito. Apriamogli le nostre anime senza alcuna restrizione, diffidenza o riserva, affinché Egli ci riempia di luce, fuoco ed entusiasmo, come lo fece con gli Apostoli il giorno di Pentecoste.
III – Facciamo parte della Famiglia Divina
Nel Paradiso Terrestre, Adamo passeggiava con Dio nella brezza della sera (cfr. Gen 3, 8). Afferma, a questo proposito, Sant’Ireneo: “Il Giardino dell’Eden era così bello e gradevole che con frequenza Dio Si presentava a lui personalmente, passeggiava e conversava con l’uomo, prefigurando quello che sarebbe successo nel futuro, ossia che il Verbo di Dio avrebbe abitato insieme all’uomo, conversato con lui, insegnandogli la sua giustizia”.27
Ma se questo passo biblico preannuncia l’ineffabile relazione che la Seconda Persona della Santissima Trinità avrebbe tenuto con gli uomini per 33 anni su questa Terra, attraverso la sua sacra umanità, esso evoca ancor più il celeste convivio nella felicità eterna, quando contempleremo faccia a faccia lo stesso Dio che l’uomo soltanto intravvedeva nel Paradiso.
Con la materna preoccupazione di prepararci a questo soprannaturale rapporto, la Liturgia di oggi illumina il nostro intendimento e muove la nostra volontà. Infatti se col Battesimo la grazia ci fa partecipare di quello che lo Spirito ha preso da Cristo, e Cristo ha preso dal Padre, essa ci eleva molto al di sopra della nostra natura umana per renderci veri figli ed eredi della Santissima Trinità. Come più precisamente ci insegna San Paolo: “Tutti quelli che sono condotti dallo Spirito di Dio sono figli di Dio” (Rm 8, 14).
Anche se siamo pure creature, vi è in Cielo un trono preparato per ognuno di noi, e la considerazione di un così grande dono ci invita a dimenticarci le contingenze della vita terrena ed elevare lo spirito alla beatitudine eterna. Tutti siamo chiamati a partecipare della vita di Dio. Apparteniamo, come membri adottivi, a questa famiglia chiamata Santissima Trinità. Questo è il nostro maggior tesoro.
Sappiamo dare il debito valore a questo dono gratuito e cerchiamo di comprendere che, nelle nostre relazioni quotidiane, abbiamo un’insuperabile fonte di comunione: l’eterno amore tra le tre Persone divine. Infatti, ci insegna la Santa Chiesa, la famiglia cristiana è “comunione di persone, vestigio e immagine della comunione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”.28
Siamo dunque grati alla Divina Provvidenza, e supplichiamo la grazia di essere all’altezza di quanto da Lei riceviamo. Preghiamo, per mezzo della Figlia dilettissima del Padre, Madre mirabile di Nostro Signore Gesù Cristo, Sposa e Tempio del Paraclito, affinché la Santissima Trinità ci colmi di doni mistici nel rapporto con il Padre che ci ha creato, con il Figlio che ci ha redento e con lo Spirito che ci santifica.
1) SANT’AGOSTINO. De Trinitate. L.VIII, c.5, n.8.
In: Obras. Madrid: BAC, 1956, v.V, p.514.
2) ROYO MARÍN, OP, Antonio. Teología de la perfección
cristiana. 9.ed. Madrid: BAC, 2001, p.53.
3) SAN TOMMASO D’AQUINO. Somma Teologica. I, q.32, a.1.
4) Idem, ibidem.
5) SANT’ANTONIO MARIA CLARET. Colección de Pláticas
Dominicales. Barcelona: L. Religiosa, 1886, v.II, p.256.
6) SANTA MARIA MADDALENA DE’ PAZZI, apud PLUS, SJ, Raúl.
Cristo en nosotros. Barcelona: L. Religiosa, 1943, p.153.
7) PLUS, op. cit., p.153.
8) FABER, Frederick William. Œuvres posthumes: Le Saint-Esprit,
la Passion, les Saints. Paris: P. Lethielleux, 1906,
t.I, p.125.
9) SOLENNITÀ DELLA SANTISSIMA TRINITÀ. Preghiera Colletta.
In: MESSALE ROMANO. Riformato a norma dei decreti del Concilio
Ecumenico Vaticano II e promulgato dal Papa Paolo VI. Città
del Vaticano: L. E. Vaticana, 1983, p.285.
10) TUYA, OP, Manuel de. Biblia comentada. Evangelios.
Madrid: BAC, 1964, v.II, p.1253. Nell’stesso senso,
MALDONADO, SJ, Juan de. Comentarios a los Cuatro Evangelios.
Evangelio de San Juan. Madrid: BAC, 1954, v.III, p.867.
11) MALDONADO, op. cit., p.867.
12) GOMÁ Y TOMÁS, Isidro. El Evangelio explicado.
Pasión y Muerte. Resurrección y Vida gloriosa de Jesús.
Barcelona: Rafael Casulleras, 1930, v.IV, p.245.
13) FILLION, Louis-Claude. Vida de Nuestro Señor Jesucristo.
Pasión, Muerte y Resurrección. Madrid: Rialp, 2000, v.III,
p.143.
14) TUYA, op. cit., p.1253.
15) CCE 66.
16) MALDONADO, op. cit., p.869.
17) CCE 65.
18) LAGRANGE, OP, Marie-Joseph. Évangile selon Saint Jean.
Paris: Lecoffre, 1936, p.422.
19) GOMÁ Y TOMÁS, op. cit., p.244.
20) Cfr. MALDONADO, op. cit., p.871.
21) GOMÁ Y TOMÁS, op. cit., p.534.
22) SAN GIOVANNI CRISOSTOMO. Homilía LXXVIII, n.2.
In: Homilías sobre el Evangelio de San Juan (61-88).
Madrid: Ciudad Nueva, 2001, v.III, p.189.
23) DIDIMO, apud SAN TOMMASO D’AQUINO. Catena Aurea.
In Ioannem, c.XVI, v.12-15.
24) MALDONADO, op. cit., p.872.
25) LAGRANGE, op. cit., p.423.
26) GOMÁ Y TOMÁS, op. cit., p.535.
27) SANT’IRINEO. The Demonstration of the Apostolic Preaching.
London: Society of Promoting Christian Knowledge, 1920, p.82.
28) CCE 2205.
Estratto dalla collezione “L’inedito sui Vangeli” di Mons. João Scognamiglio Clá Dias, EP.
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