Prima apparizione della Vergine
13 maggio 1917
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D’un tratto, durante il loro innocente divertimento, i tre giovinetti videro qualcosa come il bagliore di un lampo che li sorprese. Guardarono verso il cielo, verso l’orizzonte e, poi, l’un verso l’altro; rimasero muti e sbalorditi: l’orizzonte era limpido, il cielo luminoso e sereno. Che cosa poteva essere?
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Ma già Lucia, sempre con un certo tono di comando, ordinò:
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— Via, che può venire un temporale.
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— Allora, andiamo — disse Giacinta.
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Richiamarono il gregge e lo avviarono verso la discesa. A mezza strada tra la montagna che avevano appena lasciato ed un grande leccio che stava di fronte a loro, videro un secondo lampo.
Con raddoppiato spavento affrettarono il passo, continuando a discendere. Erano infine giunti in fondo alla Cova e si fermarono, confusi e meravigliati: lì, a breve distanza da loro, sospesa sopra un leccio alto poco più di un metro, apparve la Madre di Dio.
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Secondo la descrizione di Suor Lucia, era “una Signora tutta vestita di bianco, più brillante del sole, che spargeva una luce più chiara ed intensa di quella di un bicchiere di cristallo colmo d’acqua limpida, attraversato dai raggi del sole più cocente”.
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Il suo aspetto era di un’inenarrabile bellezza, né triste né allegro, ma serio con un’espressione soave di leggero rimprovero. Come descrivere in dettaglio i suoi lineamenti?Il colore degli occhi, i capelli di quella figura celestiale? Lucia non seppe mai dirlo con precisione!
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Il vestito, più candido della neve, pareva tessuto di luce. Aveva le maniche relativamente strette ed era chiuso al collo; scendeva fino ai piedi, i quali, avvolti in una tenue nuvola, sfioravano appena i rami del leccio. Un manto le copriva il capo, anch’esso bianco ed orlato d’oro, della stessa lunghezza della veste, avvolgendoLe quasi tutto il corpo. “Le mani erano congiunte in preghiera, appoggiate sul petto e dalla destra pendeva un grazioso rosario dai grani brillanti come perle, che terminava con una piccola croce di vivissima luce argentata. (Come) unico ornamento, una fine collana d’oro lucente appesa al collo, che terminava con una piccola sfera del medesimo metallo”.
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Ciò che seguì, viene così raccontato da Suor Lucia:
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“Eravamo tanto vicini che ci trovavamo dentro la luce che La circondava o che Ella stessa spargeva attorno. Forse ad un metro e mezzo di distanza, più o meno. Allora, Nostra Signora ci disse:
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— Non abbiate paura, Io non vi farò del male.
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— Di dove è, Vostra Signoria? – Le domandai.
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— Sono del Cielo.
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— E che cosa vuole da me Vostra Signoria?
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— Sono venuta a chiedervi che veniate qui per sei mesi di seguito, il giorno 13 a questa medesima ora. Poi vi dirò chi sono e che cosa voglio. Dopo ritornerò qui una settima volta.
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— E anch’io vado in cielo?
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— Sì, ci andrai.
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— E Giacinta?
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— Anche lei.
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— E Francesco?
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— Anche lui, ma deve recitare molti Rosari.
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Mi ricordai allora di domandare di due ragazze che erano morte da poco tempo. Erano mie amiche e frequentavano la mia casa per imparare a tessere da mia sorella maggiore.
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— Maria das Neves è già in Cielo?
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— Sì, c’è.
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— E Amelia?
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— Starà in Purgatorio sino alla fine del mondo. Volete offrirvi a Dio e sopportare tutte le sofferenze che Egli vorrà mandarvi come atto di riparazione per i peccati dai quali Egli è offeso e di supplica per la conversione dei peccatori?
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— Sì, lo vogliamo.
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— Andate, dunque, dovrete soffrire molto, ma la grazia di Dio sarà il vostro conforto.
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Fu nel pronunciare queste ultime parole (la grazia di Dio… ecc.) che (Ella) aprì per la prima volta le mani, trasmettendoci una luce tanto intensa, come un riflesso che si effondeva da Lei e che ci penetrava nel petto e nel più intimo dell’anima, facendoci vedere noi stessi in Dio che era quella luce, più chiaramente di ciò che vediamo nei migliori degli specchi. Allora, a causa di un impulso interiore, anch’esso comunicatoci, cademmo in ginocchio e ripetemmo nel nostro intimo: O Santissima Trinità, io Ti adoro. Dio mio, Dio mio, io Ti amo nel Santissimo Sacramento!
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Trascorsi i primi momenti, Nostra Signora aggiunse: preghiamo il Rosario tutti i giorni per ottenere la pace per il mondo e la fine della guerra!
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Poi cominciò ad alzarsi serenamente, salendo in direzione di levante fino a scomparire nell’immensità della lontananza. La luce che La circondava, pareva Le aprisse un cammino attraverso le stelle, motivo per cui qualche volta diciamo che vedemmo aprirsi il Cielo”.
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Dopo che l’Apparizione si fu eclissata nell’infinito del firmamento, i tre pastorelli rimasero silenziosi e pensierosi, contemplando a lungo il Cielo. Finalmente si risvegliarono da quello stato di estasi che li aveva colti. Attorno a loro la natura tornava ad essere quella che era prima. Il sole continuava a irradiare i suoi raggi sulla terra ed il gregge, sparpagliato, stava coricato all’ombra dei lecci. Tutto era quieto sulla montagna deserta.
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La celeste Messaggera aveva prodotto nei giovinetti un delizioso senso di pace e di gioiosa allegria, di leggerezza e libertà. Pareva loro che avrebbero potuto volare come gli uccelli. Di quando in quando, il silenzio nel quale erano assorti era rotto da questa esultante esclamazione di Giacinta:
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— Ah! Che bella Signora! Ah! Che bella Signora!
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In questa apparizione, come nelle altre, la Santissima Vergine parlò soltanto con Lucia mentre Giacinta ascoltava solo ciò che Ella diceva. Francesco, invece, non La udiva e concentrava tutta la sua attenzione solamente nel guardarLa. Quando le due ragazzine gli raccontarono il dialogo che abbiamo descritto e la parte che era toccata a loro, egli fu colto da grande gioia e, incrociando le mani al di sopra della testa, esclamò ad alta voce:
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— O mia Signora! Dirò quanti Rosari Tu vorrai!
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I pastorelli si sentivano di essere intimamente cambiati. La loro anima era lieve ed allegra.
Ormai l’imbrunire della sera li avvolgeva, mentre risuonavano sulla montagna i rintocchi dell’Ave Maria. Incitando le loro pecore, i tre giovinetti abbandonarono allora quel luogo benedetto. Nel silenzio dell’oscurità che già stava coprendo i monti, “si udiva il suono rauco del campanaccio ed il calpestio leggero del gregge sembrava una pioggerella d’estate che picchiettava le foglie secche…”
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Estratto dal libro “Fatima, Il Mio Cuore Immacolato Trionferà!” di Mons. João Scognamiglio Clá Dias.